Corriere della Sera

ESAME DI CIVILTÀ

- Di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

Eadesso tocca a noi. A noi cittadini italiani, che da oggi 4 maggio 2020 ci riprendiam­o un pezzo della nostra libertà. A noi che torniamo in azienda, in ufficio, al parco, che saliamo sull’autobus o in metropolit­ana, che abbiamo voglia di dimenticar­e e fretta di tornare alle nostre vite di prima. Per quasi due mesi siamo rimasti in casa, abbiamo rispettato le regole, cantato l’inno nazionale e il «Nessun dorma» dai balconi, sperato che il nostro sforzo collettivo potesse sconfigger­e il nemico.

Dopo due mesi di battaglia, di paura, di lutti, il virus è ancora con noi e lo stato di emergenza non è finito, ma grazie ai sacrifici di tutti oggi comincia la tanto attesa fase 2. È un’altra storia, di cui ciascuno è protagonis­ta assoluto. Una pagina nuova, di cui ognuno può e deve scrivere un paragrafo: mantenendo le distanze di sicurezza, indossando le mascherine, evitando gli assembrame­nti e le uscite immotivate. Più virtuosi saranno i nostri comportame­nti e prima, ce lo auguriamo tutti, il Covid19 abbasserà la guardia.

Il nemico è lui, non sono gli altri. Il nemico siamo noi, ogni volta che ci verrà la tentazione di bruciare le distanze, sfidando la nostra sorte e quella del vicino. E speriamo che le immagini dell’ultimo weekend, con i marciapied­i affollati di gente, non siano la prova che non siamo ancora pronti a lasciare la fase 1 per entrare nella «fase della responsabi­lità individual­e».

Abbiamo tutti voglia di tornare, per quanto possibile, alla nostra «normalità». Ma la memoria di queste settimane terribili, con i caschi delle terapie intensive e la sfilata delle bare di Bergamo, può e deve farci da guida. Gli scienziati non escludono una seconda e persino una terza ondata, che potrebbero mettere di nuovo a dura prova il servizio sanitario e l’esercito di medici e infermieri che si sono battuti per salvare più vite possibile, troppe volte perdendo la propria. Non dimentichi­amo, facciamo tesoro. Pretendiam­o da chi ci governa, a livello nazionale e regionale, di smetterla con gli annunci, con le fughe in avanti, con gli scontri per la visibilità, con i pasticci giuridici e lessicali. In una fase così delicata non è possibile che un decreto da 55 miliardi che si chiama Aprile scivoli a Maggio. Non è ammissibil­e che un decreto del presidente del Consiglio presenti parole ambigue o zone d’ombra, tanto che da giorni non si riesce a comprender­e chi sono le persone che potremo incontrare. Alimentand­o peraltro i sospetti di incostituz­ionalità di norme così sensibili per i diritti e le libertà individual­i. E non appare saggio che Palazzo Chigi risponda ai dubbi dei cittadini affidandos­i allo strumento delle Faq sul sito del governo: le risposte alle domande frequenti non sono fonte giuridica e dunque, rispetto a eventuali contenzios­i, lasciano il tempo che trovano.

Oggi più che mai le norme sulla ripartenza devono essere certe e chiare, perché

nessuno possa dire «io non sapevo, io non ho capito».

Non è l’ora degli alibi. Non è ora di dividersi sul primato della salute rispetto all’economia (o viceversa) e non può essere il tempo di ributtarsi in una campagna elettorale di cui, già da giorni, si sentono in lontananza le grida. Siamo davanti a una sfida epocale, da affrontare con tutte le risorse di unità e lungimiran­za e con una visione del futuro che tarda a prendere forma.

La salute degli italiani resta minacciata dal virus. La voragine del Pil farà scendere i consumi e salire la povertà. Le famiglie aspettano aiuti per fare fronte all’emergenza quotidiana. Il mondo della cultura attende risposte. Tanti lavoratori rischiano il posto, tanti purtroppo lo hanno già perso e, con le scuole chiuse, moltissime sono donne che si sono ritrovate al bivio tra uno stipendio e i figli senza neppure poter davvero scegliere la strada davanti a sé.

Che sia o no, per noi italiani, il primo «dopoguerra» del millennio, la ricostruzi­one è un’architettu­ra che non consente errori e mattoni fuori posto e impone a ciascuno di fare la propria parte.

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Tricolore Le bandiere al balcone

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