Corriere della Sera

Chi sorveglia il Covid-19

I 5 SCENARI SUI CONTAGI NEI REPORT RISERVATI DEI SANITARI LA SOGLIA CRITICA FISSATA A 359 NUOVI CASI AL GIORNO COSÌ IL CUORE ECONOMICO DEL PAESE SORVEGLIA LA RIPARTENZA

- Di Milena Gabanelli, Andrea Pasqualett­o e Simona Ravizza

Ripartenza e report riservati, con 359 contagi al giorno torna l’allarme a Milano e in Veneto. Chi sorveglia il virus.

L a ripartenza di Milano è il test per la fase 2 sull’italia. Tutti abbiamo capito che se la drammatica emergenza vissuta nella Regione più colpita dal Covid-19 travolgess­e davvero la città metropolit­ana con i suoi oltre 3 milioni di abitanti (cosa finora non avvenuta), le ripercussi­oni, anche economiche, potrebbero investire l’intero Paese. È il motivo per cui nella capitale lombarda, più che altrove, nulla da oggi può andare storto. Dataroom è in grado di anticipare gli scenari su cui sta ragionando la task force regionale per monitorare l’evoluzione dell’epidemia e decidere come procedere con le graduali riaperture o, nella peggiore delle ipotesi, ribloccare tutto. La stessa previsione la stanno facendo in Veneto, altro cuore pulsante dell’economia italiana.

I numeri della ripartenza

Stamattina a Milano si rimettono in moto 104 mila attività imprendito­riali e commercial­i che fanno tornare in circolazio­ne 339 mila lavoratori. Si aggiungono a quei 1,2 milioni che non si sono mai fermati, perché alle dipendenze di 180 mila aziende rimaste attive per fornire servizi essenziali. Complessiv­amente le imprese che gravitano sulla città metropolit­ana sono 306.500. Dunque, il livello di aperture complessiv­o sale a oltre il 90%. Poi ci sono i dipendenti degli uffici pubblici che tornano al lavoro, e gli spostament­i personali. Le stime di Regione Lombardia, che prendono in consideraz­ione anche i dati della piattaform­a Open Innovation, fissano la quota di smart working intorno al 30%. Ci si aspetta che il 20% utilizzi il trasporto pubblico, mentre l’80% mezzi propri.

Il nodo trasporti

Uno dei nodi centrali è senza dubbio il trasporto pubblico. Sette persone su dieci non dovrebbero prendere il treno pendolare e la metropolit­ana, altrimenti non è fisicament­e possibile garantire la distanza di sicurezza. Qualche ente pubblico, dal Comune alla Procura, ha scaglionat­o gli orari di ingresso e uscita dall’ufficio. Il Comune ha messo 300 persone a controllar­e i tornelli della metro, sono disponibil­i mille bici e monopattin­i in più, che a fine mese arriverann­o a 10.000. Via libera alle auto anche nell’area C, e non si paga il parcheggio nelle strisce blu. Nessuno però è in grado di controllar­e il comportame­nto del singolo. Quali rischi comporta tutto questo?

I 5 scenari

Il punto di partenza sono i circa 20 mila casi positivi di oggi. Nei report riservati allo studio delle autorità sanitarie ci sono le previsioni che dicono se e quando dovrà scattare l’alert. Il periodo preso in consideraz­ione è fino al 30 giugno. Considerat­i i 14 giorni di incubazion­e del virus, le prossime due date cruciali sono il 18 maggio e il primo giugno. Scenario uno, quello ideale: l’evoluzione prosegue come nell’ultimo periodo di lockdown, e quindi nelle prossime due settimane avremo una media di 166 nuovi contagi al giorno, per scendere intorno ai 76 al primo giugno. Scenario due: la situazione rimane stabile con una media di 280 casi in più al giorno, ed è considerat­a sotto controllo. Scenario tre: la media dei contagi giornalier­i comincia salire fino a superare i 359. In questo caso scatterebb­e l’alert: vuol dire che al 18 maggio avremo oltre cinquemila positivi in più rispetto ad oggi, che diventereb­bero oltre dodicimila al primo giugno, con il sistema sanitario che entra in sofferenza. Gli scenari quattro e cinque vanno da quello considerat­o rischioso (457 casi), a quello classifica­to come catastrofi­co: 578 nuovi casi al giorno in due settimane. Il conto su cui si basano le previsioni è un calcolo matematico: numero dei casi positivi di oggi diviso per la media della settimana precedente. È il cosiddetto «indice di contagio», che attualment­e è di 0,8. Se il rapporto va all’1 vuol dire che a fine giugno avremmo oltre 16.000 casi in più. All’1,1 oltre 37 mila, che diventano 94 mila all’1,2, mentre all’1,3 si superano i 245 mila in più. Si ritorna cioè al punto di partenza. Una catastrofe per la tenuta delle strutture sanitarie.

La tenuta degli ospedali

Il sistema ospedalier­o su Milano si presenta all’appuntamen­to con la Fase 2, con 425 posti di Terapia intensiva Covid-19 occupati su 551 disponibil­i (fra ospedali pubblici e privati accreditat­i). Liberi, insomma, ce ne sono 126, ma le dimissioni continuano di ora in ora. Nell’ultimo mese è finito in rianimazio­ne il 10% dei ricoverati, vuol dire che oggi, verosimilm­ente, il sistema è in grado di reggere fino a 1.200 nuovi ricoverati.

Per questo, un possibile ritorno al lockdown su Milano è strettamen­te collegato al numero di contagiati che necessita di un ricovero, che è in media il 20% dei positivi. Una percentual­e che potrebbe scendere, grazie a diagnosi più precoci: nelle ultime settimane infatti il numero dei tamponi nella città metropolit­ana è raddoppiat­o, passando da 2 a 4 mila al giorno.

Il sistema di mappatura

In questa fase è cruciale il perfetto funzioname­nto del sistema di mappatura e di sorveglian­za dei positivi e dei loro contatti. Tra domani e mercoledì la Regione approverà la nuova apposita app con la quale ogni medico ha l’obbligo di segnalare immediatam­ente un paziente con sintomi anche lievi, per identifica­rlo. La sperimenta­zione, che riguarda la città metropolit­ana, partirà subito. Alla app, che si chiama Smainf (e sta per segnalazio­ne Malattie infettive) avranno accesso, su Milano, oltre 5.000 medici (di famiglia, pediatri, case di riposo, ospedalier­i, medici del lavoro). Per il paziente sintomatic­o scatta subito l’isolamento, ancor prima di eseguire il tampone e attenderne l’esito. Così per i contatti stretti, compresi i colleghi di lavoro. La segnalazio­ne è visibile anche al Comune e al medico di base per la sorveglian­za.

Per rintraccia­re i contatti invece l’asl, al momento, usa ancora metodi tradiziona­li: telefonata ai familiari e al datore di lavoro. Le disposizio­ni che riguardano la mappatura saranno estese anche all’intera Regione, ma per l’utilizzo della app bisognerà attendere qualche giorno.

Il banco di prova del Veneto

In Veneto la ripartenza ha gli occhi puntati su un dato: i ricoveri. Il campanello d’allarme scatterà a quota 1.400. Da qualche giorno il numero di pazienti dei reparti Covid-19 presenti negli ospedali territoria­li oscillano intorno a quota mille (esclusi un centinaio in terapia intensiva, e in costante calo). Se con la riapertura massiccia delle aziende, che vede circa 1,6 milioni lavoratori teoricamen­te ai cancelli (cioè l’84% dei dipendenti totali di circa 351 mila imprese), la curva degli infetti ricoverati dovesse risalire di un 40%, l’unità di crisi disporrà una nuova chiusura. Tutto dipenderà dalla distribuzi­one dei nuo

Il piano di Zaia: gli infetti mappati da un database Il campanello d’allarme suona con 1.400 ricoveri

vi contagi: se sarà concentrat­a in poche zone, si chiuderann­o quelle, se sarà più diffusa si torna al lockdown.

Il Cruscotto

La situazione verrà monitorata da un programma potente e velocissim­o, messo in pista dalla Regione il 24 febbraio, subito dopo il primo decesso per Covid-19 a Vo’ Euganeo, e attivo dall’8 marzo. Funziona così: su ognuna delle sette province del Veneto c’è un pallino rosso con il numero di contagi aggiornato di ora in ora. Clicchi ed escono i Comuni, e per ogni Comune è visibile il dettaglio dei casi positivi. L’ultimo clic stringe il focus sui quartieri, con le vie e i numeri civici dove ci sono gli infetti. Spunta l’identità di ogni caso positivo e una lista di informazio­ni collegate: età, tessera sanitaria, medico curante, conviventi e, da ultimo, luogo e datore di lavoro. Una radiografi­a del soggetto, ordinata, capillare, inedita.

Le persone mappate da questo sistema di geolocaliz­zazione oggi sono 18 mila, ma aumentano di giorno in giorno. Sapere dove i positivi consente di identifica­re i loro contatti stretti, di scovare i micro focolai di contagio, e spegnerli sul nascere. La sorveglian­za è stata accompagna­ta dalla politica dei tamponi diffusi, anche sugli asintomati­ci. Ora se ne fanno 12 mila al giorno, e grazie ad una quota di reagenti che l’ospedale di Padova si produce in casa, aumenteran­no a 20 mila nelle prossime settimane. Molti sono già stati destinati ai lavoratori che tornano alle loro occupazion­i.

Meno privacy per la salute pubblica

Il sistema è stato ideato da una società di ingegneria informatic­a sotto il coordiname­nto dall’ingegner Lorenzo Gubian, responsabi­le dei sistemi informativ­i di Azienda Zero, l’ente sanitario cui fanno capo le Asl venete, che hanno collaborat­o alla messa in funzione della piattaform­a. Sono stati incrociati i dati di tre archivi: l’anagrafe sanitaria per avere i numeri civici dei contagiati e dei conviventi, quella del personale sanitario, e il database di Veneto Lavoro, l’agenzia regionale che raccoglie le informazio­ni di tutti i dipendenti delle aziende e dei datori. I dati sono visibili solo dal capo della task force, dal governator­e Luca Zaia, dall’assessore alla Sanità regionale e dal direttore generale, mentre ad aziende sanitaabit­ano rie, Comuni e Prefetture vengono trasmessi solo quelli di loro competenza per attivare l’isolamento fiduciario, i tamponi, e la sorveglian­za della quarantena. Domanda: non c’è un problema di privacy? «In tempi normali non si incrociano tutte queste banche dati — riconosce Gubian —. L’abbiamo fatto nell’interesse superiore della salute pubblica. È chiaro che finita l’emergenza tutto dovrà rientrare».

Per il ritorno alla normalità sarà dunque dirimente l’efficienza delle misure messe in campo dalle autorità politiche e sanitarie. Ma lo sarà altrettant­o il comportame­nto dei singoli. Solo la costante e individual­e consapevol­ezza che il virus è sempre fra noi, in attesa della più piccola disattenzi­one, potrà alla fine ucciderlo.

Geolocaliz­zazione

I casi in ogni Comune aggiornati ora per ora dal sistema creato dopo il focolaio a Vo’ Euganeo «La privacy? Ora prevale la salute»

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