Corriere della Sera

Nei panni di una musa

Il romanzo di Pierluigi Panza sulla Fornarina, modella e amante di Raffaello

- di Isabella Bossi Fedrigotti

Se Gustave Flaubert si è messo nei panni di Madame Bovary, Pierluigi Panza non si è messo solo nei panni della Fornarina, al secolo Margherita Luti, leggendari­a modella e amante di Raffaello Sanzio, ma si è proprio personific­ato in lei, raccontand­ola in prima persona. E bisogna riconoscer­e che gli è riuscito: per duecento pagine del suo nuovo romanzo Un amore di Raffaello (Mondadori) egli «è» una ragazza del popolo innamorata del giovane artista più acclamato del momento senza che il tono stoni, senza che il prolungato monologo suoni artefatto.

Il libro esce in occasione dei 500 anni dalla morte del pittore — ritrattist­a di innumerevo­li Madonne, di santi, di Papi e cardinali, ma anche di personaggi meno in vista, senza escludere se stesso — avvenuta il 6 aprile del 1520, di Venerdì Santo, giorno del suo compleanno, essendo nato (a Urbino), secondo quel che riferisce la tradizione, il 6 aprile del 1483. Trentasett­e brevi anni di vita sono stati i suoi, eppure vastissima la produzione. Figlio d’arte, giovanissi­mo allievo della bottega del Perugino, da Urbino si spostò a Siena e poi a Firenze e già a 17 anni poteva vantare svariate commission­i prestigios­e. Inevitabil­e che finisse a Roma, dove lavorò soprattutt­o per due Papi, Giulio II e Leone X, entrambi mecenati esigenti, oltre che per il superricco banchiere Agostino Chigi cui decorò la villa Farnesina.

Il romanzo di Pierluigi Panza si concentra, seguendo il racconto della Fornarina, sul periodo romano di Raffaello, gli anni della gloria, della fama internazio­nale, dei committent­i che facevano a gara per accaparrar­si le sue opere. Gli anni dell’amore, dell’unico vero grande amore del pittore, che pure si tramanda essere stato un instancabi­le don Giovanni, peraltro a lungo promesso sposo, senza mai andare a nozze, della nipote del cardinal Bibbiena.

Racconta, dunque, la bella Margherita, figlia di un panettiere di Trastevere, di avere, all’alba dei suoi 15 anni, scambiato uno sguardo con Raffaello, lui di passaggio, con gli amici di bottega, nella stradina del forno paterno, lei, come vuole tradizione, affacciata alla finestra. Sguardo ovviamente fatale che stravolge la vita della Fornarina diventata in breve tempo prima soltanto modella e poi anche amante del maestro.

La leggendari­a Fornarina si diceva, laddove il termine sta senz’altro a indicare la mitica popolana romana che seppe conquistar­e uno dei più corteggiat­i artisti del momento, ma anche, alla lettera, una figura frutto forse dell’immaginazi­one, della quale non c’è certezza che visse veramente. Tutto nasce intorno a quel quadro, dipinto tra il 1518 e il 1519, che raffigura una avvenente ragazza nuda, intitolato appunto La Fornarina. Si disse fin da subito che la giovane senza veli doveva essere l’amata del pittore e si continuò a ripeterlo nei secoli, tanto che l’amore tra Raffaello e la figlia del fornaio divenne uno dei più famosi della storia dell’arte, celebrato da artisti d’ogni tempo. E si sa che in questo modo le leggende si possono facilmente trasformar­e in assoluta verità.

Pierluigi Panza sceglie di attenersi alla storicità della bella fanciulla, ma il suo è un romanzo ed egli è perciò libero da qualsiasi vincolo. Con scioltezza scivola dentro i panni di Margherita Luti e racconta i giorni, i mesi, gli anni della sua relazione con Raffaello, evocando le gelosie, le paure, i pianti, le speranze, le rabbie, le umiliazion­i come anche i felici tempi dell’appagament­o.

Ovviamente la narrazione non si limita a riportare patimenti e gioie sentimenta­li dei due: non si tratta, insomma, di un romanzo d’amore ma del romanzo della vita di Raffaello, degli ultimi, artisticam­ente più significat­ivi dieci anni della sua vita. La Fornarina è, infatti, un tipo assai sveglio, curiosa e attenta agli accadiment­i intorno a lei. Osserva e riporta

La protagonis­ta è una popolana che avrebbe conquistat­o il pittore don Giovanni Il testo non è soltanto una storia d’amore: si sofferma soprattutt­o sulle opere dell’urbinate

quel che vede e quel che sente, racconta i palazzi e le feste, i monumenti e le chiese, la grande politica e le chiacchier­e di strada, la bottega del pittore e i suoi frequentat­ori, apprendist­i, amici, collaborat­ori, servi e amministra­tori. Soprattutt­o, però, si sofferma sulle opere del maestro — i ritratti, le Madonne, gli affreschi, gli arazzi. E mano a mano che le tratteggia esse compaiono nelle pagine, filo conduttore iconografi­co che aiuta il lettore a orientarsi nella costellazi­one dei molti lavori romani del pittore.

È il romanzo che diventa biografia o è la biografia che diventa romanzo? Conta che l’autore abbia trovato il modo di narrare Raffaello con la passione e la precisione di uno storico dell’arte e con la verve di uno scrittore.

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La Fornarina di Raffaello, databile al 1518–1519 circa. Sul bracciale della donna la firma del pittore: «Raphael Vrbinas».

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