Federica ritrova acqua e sorriso La stampa straniera accusa Barelli
Mafaldina non dovrà emigrare: stamattina di buon’ora Federica Pellegrini potrà tornare a tuffarsi nella piscina «Alberto Castagnetti» di Verona — a 500 metri da casa sua — dopo un mese e mezzo di allenamenti a secco, cominciando il lungo percorso verso la quinta Olimpiade. Il «caso piscine», esploso sabato col gran rifiuto del presidente federale Barelli di aprire i centri federali agli atleti di alto livello, come consentito dal Decreto Conte in tutti gli sport, è rientrato ieri pomeriggio. Merito in qualche modo del governatore del Veneto Luca Zaia che ha concesso a Barelli — sia pure solo nella sua regione — quello che il deputato di Forza Italia voleva: l’apertura di tutti gli impianti del territorio (col rispetto dei limiti di sicurezza) anche ad amatori e dilettanti.
«Federica è la benvenuta» ha detto Zaia, placando le ire della Divina pronta a trasferirsi a Livigno o all’aquaniene di Roma, nella sede della sua società: «Pensare che un centro di alta specializzazione come Verona non aprisse — ha scritto Federica — mi sembrava davvero inverosimile». Soddisfatto Barelli, che ha ricevuto dal Veneto il segnale che si aspettava dal governo: un gesto di sensibilità verso strutture che hanno costi di gestione altissimi e dove (lo testimonia uno studio federale di 18 pagine firmato da 10 specialisti) il rischio di contagio grazie all’azione battericida del cloro e al distanziamento ipotizzato dagli esperti (ogni atleta avrà 7/10 metri quadri di acqua invece dei 2/3 abituali) sarebbe minimo.
La soddisfazione di Barelli è durata però poche ore. Ieri, infatti, un consorzio investigativo di tre grandi quotidiani (Frankfurter Allgemeine Zeitung, Sunday Times e Daily Telegraph) ha rivelato che, in qualità di presidente della federazione europea (Len), Barelli (che è anche il numero due di quella mondiale) sarebbe sotto inchiesta per una serie di contratti da lui firmati per conto della Len con tre società italiane per la fornitura di servizi che non sarebbero mai stati erogati pur essendo stati pagati. Di una di queste società (l’immobiliare Cir Aur) Barelli avrebbe la quota di maggioranza pur non essendone più amministratore dallo scorso autunno. Dell’inchiesta si starebbero occupando una procura italiana e una svizzera. Ieri pomeriggio un comunicato stampa della Len ha definito le accuse «prive di fondamento».