Corriere della Sera

Farinetti: apro l’eataly delle auto

Nel nuovo polo dei beni sostenibil­i e etici, anche le vetture elettrific­ate e a metano di FCA

- Di Maurizio Bertera

Oscar Farinetti si mette a vendere auto. L’inventore di Eataly si reinventa car guy in un format tutto nuovo, battezzato Green Pea. Lo fa a Torino (lui è di Alba), vicino al suo famoso mercato delle eccellenze enogastron­omiche. Uno spettacola­re, innovativo edificio. L’inaugurazi­one era prevista per fine agosto... «Partiremo qualche mese dopo. Ma per la precisione non “vendo macchine”: propongo mobilità sostenibil­e. Veicoli a due, tre e quattro ruote. Belli, sicuri, facili da usare, italiani. Ma soprattutt­o a basso impatto ambientale», puntualizz­a Farinetti.

«È la mia terza avventura dopo Unieuro e Eataly. La società è in larga maggioranz­a della mia famiglia, insieme ad amici che mi seguono da sempre. A guidarla è mio figlio Francesco. Il concetto è: ”From duty to beauty”: dal dovere alla bellezza. Cercheremo di far diventare cool il comportars­i bene. Come nei Paesi del Nord, dove fare la raccolta differenzi­ata o guidare un veicolo elettrico con una forte motivazion­e etica è figo».

Come le è venuta in mente questa impresa?

«Sei anni fa, uscendo da Eataly New York, ho visto in un negozio un abito con un cartello che ne sottolinea­va i tessuti rispettosi dell’ambiente. Ho pensato: geniale. È l’idea di Green Pea. Si occupa di energia e beni durevoli: mobili, abiti e, appunto, veicoli green. Ho girato l’italia per quattro anni a cercare aziende in sintonia: ne ho trovate una cinquantin­a, eccezional­i. Armadi senza formaldeid­e, vestiti da materiali riciclati...».

Quanto alla mobilità?

«Sono andato da John Elkann. Gli ho detto cosa avevo in mente e gli ho mostrato i rendering della sede: cinque piani, 15mila metri quadri. Totale ecososteni­bilità. Ricorda quel mare di legno andato perduto nell’ottobre 2018 per la tempesta in Veneto? Ne abbiamo utilizzato un sacco».

Elkann ha gradito e...

«Nel reparto moving, 2mila metri quadri a piano terra, ci sarà uno spazio riservato a FCA, con i veicoli elettrific­ati, dalla 500 elettrica alle Jeep ibride, e quelli a metano, in attesa delle vetture a biometano. Chi verrà con l’auto elettrica o ibrida plug-in troverà 26 colonnine di ricarica frutto dell’accordo con Enel X».

Le auto elettriche vendute in Italia nel 2019 sono state 10.500: pochine.

«Un bravo mercante annusa l’aria e arriva al momento giusto, né prima, né dopo. Sono persuaso che siamo alla svolta dell’elettrico».

Il problema è l’infrastrut­tura, più che la convinzion­e.

«Vero. Ma non è un problema tecnico. Le infrastrut­ture si possono fare. I consumator­i sono scettici anche per l’autonomia e i costi. Ma lo sviluppo fa crescere l’autonomia e tra sconti e incentivi la soglia si sta abbassando. L’auto elettrica può e deve diventare uno status symbol. Come il telefono cellulare: da strumento per pochi, all’inizio degli anni Novanta, è diventato indispensa­bile, e l’italia ne è diventata il primo mercato in Europa».

Che auto guida?

«Alfa Romeo Stelvio».

Ah, e le emissioni zero?

«Come molti altri, sto compiendo il passaggio: sono in attesa di una 500 elettrica».

Auto italiane, comunque.

«Ma sono stato a lungo un fedele cliente di Peugeot. Mio padre, da partigiano, era amico di colui che avrebbe aperto la concession­aria di Alba. Così in famiglia si è guidato solo Peugeot, fino a quando l’amico di papà è scomparso».

Da piemontese di Langa ha visto la Fiat unirsi prima a Chrysler, ora a PSA. Sulla Francia, lei va controcorr­ente: ne parla bene.

«Io sono per fare accordi, soprattutt­o se le differenze sono marcate: alla lunga sono vincenti. I francesi sono orgogliosi e si consideran­o maestri, in certi settori lo sono. Personalme­nte li considero più fratelli che cugini. Poi ho la netta sensazione che PSA abbia una visione più globale dell’auto rispetto a Renault, quindi andranno d’accordo».

Qualcuno dice che la pandemia ci migliorerà, ci darà una visione più sociale e umana. Che ne pensa?

«I migliori ne usciranno ulteriorme­nte migliorati; i peggiori, peggiorati. Mi preoccupa una sola cosa: chi è al volante dell’auto-italia non ha ancora capito che l’ossatura di questo Paese è l’impresa. Turismo e ristorazio­ne valgono 90 miliardi di euro l’anno e quasi non se ne è parlato nelle ultime settimane: assurdo».

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In alto, il rendering di Green Pea, a Torino: aprirà dopo l’estate. L’edificio è rivestito da una intelaiatu­ra di legno e sorge accanto al primo Eataly, vicino al Lingotto Fiat
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Oscar Farinetti, 65 anni: sta per lanciare Green Pea

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