Tra i tanti divieti rimasti e i riti all’aperto perduti alla fine vince la disciplina
tista: ma non bisogna farci caso, gli autisti dell’atac lavorano sempre quasi tutti senza neppure indossare la regolare divisa, preferendogli — spesso — la felpa della Roma, regalo natalizio della suocera).
Sulle mascherine, però, una cosa in più si può dire: molti romani la indossano un po’ scesa sul mento. Colpisce il frequente uso dei guanti. Pochi, pochissimi i giovani. Lo sguardo che scorre sui marciapiedi non coglie assembramenti. Via della Conciliazione è deserta e, alla fine, in piazza San Pietro, solo una pattuglia dei carabinieri e poi, laggiù, il penoso accampamento dei senzatetto, dei vagabondi, una tana per ogni colonna del Bernini, dove tra poco i volontari porteranno un pasto caldo.
Code lunghe ma ragionevoli sono segnalate in numerose fermate della metropolitana. Qualche difficoltà più importante sulla linea Roma-lido. La ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, è andata a sorvegliare alla stazione Termini. In via Nemorense, via Tuscolana, via Tiburtina, viale Parioli, macchine in doppia fila: è perché non c’è un solo posto libero, la maggior parte delle persone è rimasta, rimane in casa.
A metà pomeriggio appare chiaro che non è più nemmeno una faccenda da cronisti, ma da psichiatri: cos’è accaduto, in queste tremende settimane, nella complessa psiche dei romani? I romani così allergici agli ordini, alle regole, con quella spavalderia di chi ha visto tutto, è sopravvissuto a tutto, ai Lanzichenecchi e alle SS di Herbert Kappler, abituato a disprezzare i palazzi del potere politico e a fare amicizia con i papi quando sono ancora cardinali e vanno a mangiarsi la carbonara nelle trattorie di Borgo Pio. I romani che ti guardano sempre con quella vaga aria di sufficienza per cui niente è mai troppo serio o pericoloso hanno però evidentemente capito che stavolta la minaccia è davvero grave e invisibile 254 mila
I lavoratori tornati in attività ieri nel Lazio (nella foto la sindaca di Roma Virginia Raggi