Corriere della Sera

Sono 90 i centri in corsa Due annunci nuovi a Roma Lo Spallanzan­i: cautela

- di Margherita De Bac mdebac@rcs.it

ROMA Sono diventati 90 quelli in corsa. E aumenteran­no ancora, tra verità e annunci montati dalle aziende per guadagnare titoli in borsa. Però al momento soltanto 6 vaccini sono in pole position e sono stati avviati verso la sperimenta­zione sull’uomo. Nel frattempo vengono portati avanti gli indispensa­bili studi pre clinici sugli animali. Il rischio di delusioni e fallimenti sono dietro l’angolo. La ricerca è fatta così.

Tra i candidati in prima linea ce ne è uno mezzo italiano, frutto di una collaboraz­ione tra la società IRBM, con sede a Pomezia, provincia di Roma, dove c’è una piattaform­a già utilizzata per il vaccino anti Ebola, e l’università di Oxford, uno dei maggiori centri di ricerca del mondo. I tempi, chiunque vinca la corsa, non sono brevi. Se va bene se ne riparla l’anno prossimo. Poi ci sarà il problema della produzione. Serviranno milioni di dosi. E della distribuzi­one che riproporrà il purtroppo solito divario tra paesi ricchi e paesi poveri. Per unire le forze le organizzaz­ioni mondiali si stanno alleando. La rivista Nature ha fatto il punto.

L’organizzaz­ione mondiale della Sanità ha fatto un piano di sperimenta­zione per velocizzar­e lo sviluppo dei vaccini più promettent­i. I leader mondiali sul programma «Coronaviru­s Global response» hanno dato vita a una raccolta di fondi sulla ricerca e «l’italia è pronta a fare la sua parte», afferma il premier Giuseppe Conte.

Ieri Reithera Srl, azienda biotech con sede nel polo tecnologic­o di Castel Romano, alle porte di Roma, ha annunciato risultati incoraggia­nti sul topo: «Una singola somministr­azione ha indotto una forte risposta immunitari­a sia per quanto riguarda gli anticorpi sia i linfociti T». Il capo della Tecnologia, Stefano Colloca guarda avanti: «Nei nostri stabilimen­ti stiamo già producendo le fiale del primo lotto per i test sull’uomo che cominceran­no in estate».

Rilancia la Takis, situata anch’essa nel parco scientific­o di Castel Romano, dove è in corso un piano di sviluppo vaccinale basato su una diversa tecnologia. Secondo Luigi Aurisicchi­o, il Ceo, «i risultati vanno oltre le aspettativ­e: dopo una prima inoculazio­ne i topi hanno sviluppato anticorpi che possono bloccare l’infezione».

Il salto in avanti però non è piaciuto allo Spallanzan­i, l’istituto di ricerca sulla malattie infettive, dove è stato isolato il primo virus «italiano», al fianco di Takis, e di altre aziende, nella valutazion­e dei dati.

«Non è ancora possibile giungere a conclusion­i di qualsiasi natura sulla base dei risultati ora disponibil­i», precisa lo Spallanzan­i. E chiarisce inoltre di essere tra i pochi centri capaci di valutare il potere neutralizz­ante degli anticorpi contro il Sars-cov-2.

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