Sono 90 i centri in corsa Due annunci nuovi a Roma Lo Spallanzani: cautela
ROMA Sono diventati 90 quelli in corsa. E aumenteranno ancora, tra verità e annunci montati dalle aziende per guadagnare titoli in borsa. Però al momento soltanto 6 vaccini sono in pole position e sono stati avviati verso la sperimentazione sull’uomo. Nel frattempo vengono portati avanti gli indispensabili studi pre clinici sugli animali. Il rischio di delusioni e fallimenti sono dietro l’angolo. La ricerca è fatta così.
Tra i candidati in prima linea ce ne è uno mezzo italiano, frutto di una collaborazione tra la società IRBM, con sede a Pomezia, provincia di Roma, dove c’è una piattaforma già utilizzata per il vaccino anti Ebola, e l’università di Oxford, uno dei maggiori centri di ricerca del mondo. I tempi, chiunque vinca la corsa, non sono brevi. Se va bene se ne riparla l’anno prossimo. Poi ci sarà il problema della produzione. Serviranno milioni di dosi. E della distribuzione che riproporrà il purtroppo solito divario tra paesi ricchi e paesi poveri. Per unire le forze le organizzazioni mondiali si stanno alleando. La rivista Nature ha fatto il punto.
L’organizzazione mondiale della Sanità ha fatto un piano di sperimentazione per velocizzare lo sviluppo dei vaccini più promettenti. I leader mondiali sul programma «Coronavirus Global response» hanno dato vita a una raccolta di fondi sulla ricerca e «l’italia è pronta a fare la sua parte», afferma il premier Giuseppe Conte.
Ieri Reithera Srl, azienda biotech con sede nel polo tecnologico di Castel Romano, alle porte di Roma, ha annunciato risultati incoraggianti sul topo: «Una singola somministrazione ha indotto una forte risposta immunitaria sia per quanto riguarda gli anticorpi sia i linfociti T». Il capo della Tecnologia, Stefano Colloca guarda avanti: «Nei nostri stabilimenti stiamo già producendo le fiale del primo lotto per i test sull’uomo che cominceranno in estate».
Rilancia la Takis, situata anch’essa nel parco scientifico di Castel Romano, dove è in corso un piano di sviluppo vaccinale basato su una diversa tecnologia. Secondo Luigi Aurisicchio, il Ceo, «i risultati vanno oltre le aspettative: dopo una prima inoculazione i topi hanno sviluppato anticorpi che possono bloccare l’infezione».
Il salto in avanti però non è piaciuto allo Spallanzani, l’istituto di ricerca sulla malattie infettive, dove è stato isolato il primo virus «italiano», al fianco di Takis, e di altre aziende, nella valutazione dei dati.
«Non è ancora possibile giungere a conclusioni di qualsiasi natura sulla base dei risultati ora disponibili», precisa lo Spallanzani. E chiarisce inoltre di essere tra i pochi centri capaci di valutare il potere neutralizzante degli anticorpi contro il Sars-cov-2.