Corriere della Sera

Da Electrolux alla Ferrari le aziende con la app antivirus «Così proteggiam­o gli operai»

I monitoragg­i digitali anche dei contatti tra dipendenti Le startup che anticipano l’applicazio­ne del governo «Si possono ridurre i rischi rispettand­o la privacy»

- Di Riccardo Bruno

Icinquemil­a dipendenti dell’electrolux presto potranno scaricare sui loro telefonini un’app, rispondere a tre domande, scoprire grazie a un semaforo qual è il loro rischio di contagio e ottenere il via libera. In attesa di Immuni, il monitoragg­io digitale su scala nazionale varato dal governo, molte aziende si stanno attrezzand­o da sole. Perché in questa fase di ripresa delle attività, salute dei propri lavoratori e necessità di non interrompe­re la produzione vanno strettamen­te d’accordo. E la tecnologia corre in aiuto.

Azzurrodig­itale, startup fondata da tre giovani padovani, aveva già messo a punto un software (Awms, Advanced workforce management system) per ottimizzar­e la gestione degli operai in fabbrica. Il 2020 doveva essere l’anno del lancio. «Eravamo gasati e pronti a partire, poi a febbraio è arrivato il Covid — ricostruis­ce Carlo Pasqualett­o, uno dei fondatori e amministra­tore delegato —. Ci siamo però subito resi conto che la piattaform­a che avevamo elaborato era perfetta anche per gestire l’emergenza coronaviru­s. Così anche noi ci siamo riconverti­ti, come le industrie tessili che hanno iniziato a produrre mascherine».

L’app funziona così. Il lavoratore trova ogni giorno tre domande: come stai? come stanno le persone che vivono con te? sei stato in un luogo affollato? «È su base volontaria e bisogna rispondere responsabi­lmente, come un buon padre di famiglia — aggiunge Pasqualett­o —. I dati vengono raccolti e integrati sia con il database della Protezione civile sia con i parametri che arrivano dai controlli in azienda, per esempio con i termoscann­er. L’algoritmo, incrociand­o tutte le informazio­ni, ci restituisc­e l’indice di rischio, che abbiamo chiamato Covindex».

L’electrolux non è l’unica azienda che sta cercando soluzioni tecnologic­he per tenere lontano il virus. Anche la Ferrari ha lavorato a un piano di rientro che oltre a uno screening prevede «un’app, per avere un supporto medico sanitario nel monitoragg­io della sintomatol­ogia nel rispetto della privacy individual­e».

E non c’è una sola strategia in campo. Altre startup per esempio stanno sviluppand­o sistemi che misurano il distanziam­ento. Come l’emiliana Builti che ha elaborato «Mind the gap», già prenotato da un’altra importante casa automobili­stica. «È basato sulla tecnologia Bluetooth — chiarisce Enzo Castellane­ta, cofondator­e dell’azienda e responsabi­le commercial­e —. Non è solo un’applicazio­ne che fornisce un ausilio attivo al distanziam­ento, un cicalino che suona e vibra quando due soggetti si avvicinano troppo. C’è anche una seconda parte basata sul tracking, che registra i contatti sotto soglia e in caso di positività offre uno strumento per avvisare i soggetti è un aspetto più borderline, si può implementa­re in un secondo momento, una volta ottenuto il consenso di tutti».

L’introduzio­ne delle app aziendali apre infatti una serie di problemi e cautele legali. «In linea generale il datore di lavoro, nel rispetto dello Statuto dei lavoratori, prima di introdurre novità di questo tipo deve informare correttame­nte a rischio e attuare i piani i propri dipendenti e di emergenza». dialogare con i rappresent­anti

Osserva Castellane­ta che sindacali — ragiona Carlo tutte le aziende stanno ripensando Rossi Chauvenet, avvocato i propri modelli d’intervento esperto in diritto della privacy tenendo conto della e docente a contratto alla Bocconi pandemia. «È una precisa responsabi­lità —. Le chiavi di questo del datore di lavoro rapporto devono essere la garantire la salute dei dipendenti buona fede, la trasparenz­a, la e nello stesso tempo correttezz­a del trattament­o preoccupar­si che nel caso di dei dati e la minimizzaz­ione, un lavoratore positivo non si ovvero l’acquisizio­ne delle informazio­ni fermi tutto. Ovviamente assicurand­o necessarie e per il rispetto dei diritti un periodo congruo». individual­i». Per questo, aggiunge, Il contrasto tra diritti individual­i «noi proponiamo il ed esigenze della collettivi­tà sistema che misura il distanziam­ento, diventa più delicato mentre per quanto in questo ambito, perché va a

5 riguarda il tracciamen­to, che toccare anche la sfera dei rapporti mila

Il numero di lavoratori di Electrolux che potranno scaricare l’app antivirus sui loro telefonini di lavoro. Per esempio: una app di questo tipo può essere obbligator­ia? E se un dipendente si rifiuta di scaricarla? «Se viene data un’informazio­ne chiara e corretta, con il consenso delle parti sociali, garantita la sicurezza nel trattament­o dei dati e l’utilizzo per questa finalità specifica, non vedo perché un lavoratore possa sottrarsi» aggiunge l’avvocato Rossi Chauvenet. In ogni caso, avverte Pasqualett­o di Azzurrodig­itale, sarebbe sbagliato pensare nel nostro mondo occidental­e «a un controllo coercitivo, oppure che la tecnologia possa risolvere tutti i problemi. Semmai può e deve abilitare a comportame­nti virtuosi».

(Afp) Anche se la valutazion­e caso per caso non sarà semplice. «È sicurament­e necessario un bilanciame­nto degli interessi — conclude Rossi Chauvenet —. Ma non c’è a priori una soluzione che abbia il bollino del Garante». È ripartita ieri con orari ridotti, specifiche misure di sicurezza e tutele per i redditi di tutti i dipendenti, la produzione nello stabilimen­to Lamborghin­i di Sant’agata Bolognese. I turnisti sono passati da 7 a 6 ore di lavoro al giorno (in verniciatu­ra da 7,30 a 6,30) con sanificazi­oni tra un turno e l’altro, mentre i lavoratori del «centrale» sono passati da otto a sei ore. Anche il ceo Stefano Domenicali è andato a salutare i dipendenti.

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Il ceo di Lamborghin­i Stefano Domenicali, a destra, indossa la mascherina vicino a un operaio nello stabilimen­to di Sant’agata Bolognese
In produzione Il ceo di Lamborghin­i Stefano Domenicali, a destra, indossa la mascherina vicino a un operaio nello stabilimen­to di Sant’agata Bolognese

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