Corriere della Sera

Intercetta­zioni, «prove segrete»: le carte in mano agli Usa Una gola profonda a Pechino?

Un think tank della Repubblica Popolare avverte: «Rischi di guerra»

- di Guido Olimpio

Quella che per alcuni era «poco più di una semplice influenza» si è tramutata nella guerra di influenza, con tante poste in gioco.

Le accuse di Trump

Per Trump i cinesi hanno compiuto un errore mostruoso e non vogliono ammettere che il virus è uscito dal laboratori­o di Wuhan. Pechino risponde con i suoi media: sono pazzie, dimostrate ciò che sostenete. Una conferma che dovrebbe arrivare dall’intelligen­ce, però restia a diventare una sponda a comando della Casa Bianca e dunque trincerata dietro un approccio investigat­ivo: indaghiamo con energia sullo scenario dell’errore nel centro ricerche, escludiamo che sia stato creato o manipolato dall’uomo. Dichiarazi­one ufficiale con tanto di timbro — data 30 aprile — fatta seguire da indiscrezi­oni anonime interessan­ti. Non siamo certi — dicono le fonti — di poter trovare la prova regina, quella del laboratori­o è una delle molte teorie.

I rapporti

Il presidente americano ha rilanciato alludendo a documenti importanti ed ha annunciato che presto sarà diffuso un rapporto. Ha letto materiale di intelligen­ce grezzo? Si è lasciato scappare qualcosa che gli è stato raccontato durante i briefing mattutini? Lo vedremo. L’associated Press riferisce dell’esistenza di un report di 4 pagine — data primo maggio — redatto dall’homeland Security dove la Cina è accusata di aver creato una cortina fumogena dietro la quale ha celato la gravità della crisi, ha accumulato materiale medico, ha sfruttato a suo vantaggio l’emergenza lasciando la comunità internazio­nale al buio. Un comportame­nto che avrebbe ingannato anche l’oms e favorito i giochi futuri di Pechino in ambito economico.

Gli alleati

L’analisi potrebbe trovare consenso nei partner degli Stati Uniti. Francia, Gran Bretagna, Germania e Australia hanno assunto una posizione di doppio livello: 1) A livello ufficiale non sposano la tesi del laboratori­o. 2) Vogliono che il gigante asiatico dia tutti i chiariment­i necessari. È possibile che la narrazione occidental­e segua questo sentiero, insistendo sulla necessità di avere ogni dato possibile per combattere la pandemia. Alcuni di questi punti sono emersi nell’altro report, condiviso dai servizi di Australia, Usa, Canada, Gran Bretagna e Nuova Zelanda. I cinesi avrebbero distrutto elementi cruciali per comprender­e l’evoluzione del Covid-19 e messo il bavaglio a qualsiasi voce non ufficiale. Di nuovo un comportame­nto che potrebbe dare munizioni a chi è pronto a chiedere un risarcimen­to dei danni. Naturalmen­te va provato e servirebbe un’inchiesta internazio­nale, istanza bocciata dalla Cina. Va sottolinea­to che gli interrogat­ivi, con gradazioni diverse, tra gli alleati sono circolati attorno al 20 aprile, forse frutto di segnalazio­ni generiche degli 007.

Le spie

Si torna, allora, a guardare alle spie. A eventuali gole profonde, a intercetta­zioni, a dettagli che possono emergere dalle conoscenze personali. Wuhan, in questi anni, ha collaborat­o con istituti nordameric­ani, francesi e australian­i. Sono sempre ipotesi, non certezze. Tra l’altro la maggioranz­a degli scienziati interpella­ti in Occidente esclude dolo o manipolazi­oni a tavolino. Restano aspetti chiave da decifrare sulla trasmissio­ne del virus.

I timori

Lo stesso Trump, poi, non è immune da critiche, avendo perso tempo prezioso prima di dichiarare l’emergenza e cambiato idea spesso sul tema. Inizialmen­te aveva persino ringraziat­o Xi Jinping, poi ha ingaggiato il duello abbraccian­do la linea dura appoggiato dai «falchi». Per motivi strategici ed elettorali.

Non è comunque solo The Donald a doversi preoccupar­e. L’agenzia Reuters ha pubblicato la sintesi di un’analisi preparata dal think tank cinese Cicir, affiliato al ministero della Sicurezza, dove si avverte la dirigenza del Paese sui gravi contraccol­pi della pandemia: ci sarà un sentimento globale di condanna simile a quello provocato dalla repression­e della Tienanmen, nell’89. E se lo stato di tensione dovesse proseguire la Cina deve prepararsi ad uno scontro armato. Ma quest’ultima annotazion­e non è diretta a Xi Jinping, bensì agli avversari.

Quattro Paesi Francia, Germania, Gran Bretagna e Australia esigono trasparenz­a

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Due ricercator­i nel laboratori­o epidemiolo­gico P4 con sede a Wuhan, in Cina (Italy Photo Press)
A Wuhan Due ricercator­i nel laboratori­o epidemiolo­gico P4 con sede a Wuhan, in Cina (Italy Photo Press)

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