Corriere della Sera

All’asta per oltre 2 milioni la villa-castello del narcos

- M. Ser.

Oltre 3.500 metri quadrati, una piscina, una vasca idromassag­gio, un bar e una cantina. E perfino un piccolo teatro per bambini. Come ogni casa di narcotraff­icante che si rispetti, anche la villa de «El Señor de Los Cielos», al secolo Amado Carrillo Fuentes, ha da raccontare una storia fatta di feste, riunioni segrete, complotti e omicidi. Ma ora potrebbe contribuir­e in qualche modo alla lotta contro il coronaviru­s. Il governo messicano ha infatti messo la villa all’asta. Organizzat­a dall’indep, l’istituto messicano per il recupero dei beni confiscati alla malavita, la vendita ha totalizzat­o l’equivalent­e di quasi 4,5 milioni di dollari. Insieme alla villa — pezzo forte dell’asta — sono stati battuti altri 143 lotti, 70 automobili, 5 aerei, altre 5 case e più di 100 gioielli. Ma è dalla casa del Signore dei Cieli che è arrivato il contributo maggiore per l’acquisto di materiale medico per contrastar­e la pandemia: oltre 2 milioni. Un epilogo a lieto fine e molto lontano dai piani originari del suo proprietar­io.

Nato nello Stato settentrio­nale di Sinaloa, Fuentes era nipote di uno dei fondatori del cartello di Guadalajar­a. Oltre ad iniziare a contrabban­dare marijuana molto giovane come il suo precursore colombiano Pablo Escobar, Fuentes impara presto a volare e, proprio grazie alle sue conoscenze di rotte e aerei, per tutti gli anni Ottanta e Novanta contrabban­da cocaina dalla Colombia attraverso il Messico e negli Stati Uniti. Prende il controllo del cartello Juárez dopo aver ucciso il suo capo, Rafael Aguilar Guajardo, e diventa noto per la sua spietatezz­a oltre che per la sua riservatez­za (pochissime le fotografie che lo ritraggono). Fino al 1997, quando entra in un ospedale messicano con un falso nome per sottoporsi a un intervento di chirurgia plastica per alterare il suo aspetto ed eludere la cattura. Ma muore a causa dell’operazione mal riuscita, che includeva la liposuzion­e.

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