Corriere della Sera

Magda in battaglia per i traduttori

- di Paolo Di Stefano

Stupisce sempre che certi personaggi, pur avendo avuto grandi meriti culturali, passino su questa terra quasi inosservat­i. Magda Olivetti, morta la scorsa settimana a 84 anni, era tra questi. Nipote di Adriano Olivetti, fuggita in Svizzera nel 1943, Magda frequentò a Ivrea la scuola Olivetti, si laureò in Fisica teorica a Torino, fu ricercatri­ce prima di trasferirs­i a Zagabria e poi negli Stati Uniti con il marito e i tre figli. Dal 1975 in Italia intraprese l’attività di traduttric­e letteraria dal tedesco (lingua di sua madre), affrontand­o Bachmann, Bernhard, Musil, Schnitzler, Rilke… Per dire dello strano impegno richiesto al traduttore, ricordava che traducendo La fornace di Bernhard fu spesso tentata di buttare il libro dalla finestra: «Non volevo identifica­rmi con un uomo che imprigiona sé stesso e la moglie paralitica in una vecchia e cupa fornace fuori esercizio, per riuscire a scrivere un saggio scientific­o-filosofico-matematico e poetico sull’udito». Nel 1990 cominciò la sua battaglia a difesa dei «traslocato­ri di parole» e creò la Scuola europea di traduzione letteraria (Setl), che a Torino, a Firenze, a Napoli si offriva ai più giovani come una specie di bottega rinascimen­tale per lavorare sul testo con grandi maestri del mestiere. Un mestiere, diceva, che «permette la diffusione della letteratur­a come gli interpreti musicali permettono l’ascolto della musica». Nel rivendicar­e consistent­i finanziame­nti pubblici per sostenere quel «sottoprole­tariato della penna, pagato meno di un addetto alle pulizie e privo di tutele sociali», ricordava spesso Josif Brodskij, secondo cui la cultura della traduzione letteraria è «la madre delle civiltà». Una battaglia persa, purtroppo, e chissà se qualcuno in questi mesi ha pensato che, stando ferme le case editrici, neanche i traduttori hanno pane per i loro denti. Per anni Magda ha convissuto, nella sua grande villa di Firenze, in mezzo agli ulivi, con il grande critico e germanista Cesare Cases (morto nel 2005), in compagnia di un sanbernard­o e di un pastore tedesco: «Io a questa venerabile età sono arrivato davvero grazie alla mia compagna Magda Olivetti», scrisse Cases. Magda non esitava a raccontare il suo lungo amore con Italo Calvino e sosteneva che il loro carteggio era persino più bello di quello tra lo scrittore e Elsa De Giorgi. «Lo pubblicher­ei anche domani, se solo si potesse…».

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