Carraro: ora è il momento in cui bisogna investire di più
L’imprenditore: il reshoring? C’è la disponibilità, va sostenuto fiscalmente
«Le imprese si assumano il compito di contribuire alla ricostruzione del Paese e all’ “architettura” del sistema che verrà, la fase 3. Il segnale è arrivato dal mondo produttivo e non va lasciato cadere». Enrico Carraro, 58 anni appena compiuti e festeggiati in lockdown nella sua Campodarsego, è il presidente della multinazionale hi-tech dei sistemi di trasmissione, quotata in Piazza Affari, fondata dalla sua famiglia negli anni ’30. Oggi il gruppo Carraro – 549 milioni di ricavi nel 2019 e 3 mila dipendenti, dei quali quasi la metà in Italia — produce in più aree del Pianeta tra cui la Cina, dove la fabbrica (fin qui zero contagi) è stata riaperta e in India, dove lo stabilimento sta ripartendo proprio in queste ore. Dall’ottobre scorso, Carraro ha assunto la presidenza di Confindustria Veneto, la Regione che ha messo in campo uno dei modelli più efficaci nel contrasto alla diffusione del Covid e alle sue conseguenze.
Veneto
Il modello veneto funziona grazie al dialogo con la Regione e tra imprese
Filiere Gestire filiere lunghe in giro per il mondo è diventato complicato
Gli imprenditori veneti hanno spinto molto sulla riapertura…
«In sicurezza, ma bisogna muoversi. E’ la lezione della grande crisi del 2008: è questo il momento in cui bisogna investire di più, molto di più. Le aziende che non hanno mai smesso di farlo, hanno sofferto relativamente poco lo stop di queste settimane. Nei prossimi mesi gli investimenti saranno un’arma importante nel contrasto alla recessione. Ci aspetta un autunno pesante. Gli ammortizzatori sociali non sono infiniti».
Quale può essere il contributo delle imprese alla ricostruzione?
«Quelle che possono permetterselo e sono in condizioni di farlo, devono ispirare la nuova architettura del mondo, spingere ancora di più, molto di più, sulla sostenibilità, sul lavoro, sulla qualità dei prodotti italiani».
E Carraro cosa sta facendo al proposito?
«Da noi è in corso una riflessione profonda, un “brain storming” continuo su come accelerare alcuni dei percorsi già avviati. A partire da quello della componentistica per i veicoli elettrici per l’agricoltura e le tecnologie per le costruzioni: due settori fondamentali. Ma stiamo valutando anche scelte che anticipino il cambiamento e nuovi possibili smottamenti globali. Almeno in Veneto, l’area della quale mi occupo, ci stiamo confrontando tanto anche tra imprenditori».
Il reshoring, ossia il riportare le produzioni in Italia, è un tema sul tavolo?
«Gestire filiere molto lunghe in giro per il mondo è diventato complicato e lo sarà anche in prospettiva. Direi che c’è tra gli imprenditori la disponibilità a valutare l’avvio del reshoring, ma il rientro non avviene con un clic».
Cosa chiedete alla politica? Il Pd ha inserito il reshoring tra i temi strategici…
«E’ un programma che va costruito e sostenuto con slancio e strumenti fiscali adeguati. Potrebbe essere potenziato il piano Industria 4.0 che, a volte lo dimentichiamo, ha funzionato bene. E andrebbero “curate” nel frattempo le ben note patologie croniche del nostro Paese, come l’eccesso di burocrazia».
Quali sono le prospettive della manifattura?
«Bisogna portarla sempre più verso l’eccellenza. Quello che accade è che le aziende esportatrici di know how e prodotti a forte contenuto tecnologico, come Carraro, sono addirittura sostenute dai clienti in Francia, Germania e Gran Bretagna. Alcuni clienti hanno scritto lettere per chiedere la nostra riapertura. Mentre i produttori di fascia bassa perdono mercati a favore di concorrenti, per esempio di Croazia e Slovenia, che non si sono mai fermati».
Cos’è che funziona nel “modello Veneto” ?
«C’è una grande collaborazione tra le istituzioni, molta attenzione da parte della Regione e del presidente Zaia e una mobilitazione della popolazione senza precedenti».
Qual è l’idea alla quale lavorate come imprenditori?
«Concentriamo gli sforzi sull’emergenza lavoro: sono già 50 mila le persone che hanno perso un’occupazione in Veneto. Lavoriamo per rafforzare settori che trainano, come il biomedicale, e prepariamo il grande rilancio per quelli a rischio, a partire dal turismo».
Il presidente designato Bonomi assume la guida di Confindustria trovandosi a gestire un crisi epocale.
«Il lavoro che aspetta Carlo Bonomi sarà difficile e complesso ma credo che, già dalle prime uscite di presidente designato, dimostri di avere chiaro il percorso e di saper interpretare con efficacia le istanze del sistema imprese, guardando anche al di là della fase emergenziale e iniziando a ragionare sulla ricostruzione e sulla visione di un Paese che tutti vogliamo moderno, efficiente e sostenibile».