Corriere della Sera

«Non sono il signor no Datemi tempo»

Brusaferro, presidente dell’istituto superiore di sanità «Bilancio tra una settimana, ora accortezze della fase 1 Se continuiam­o così potremo riaprire in sicurezza»

- di Margherita De Bac

«Non sono pessimista, ma cauto. Non sono il signor no. Dateci il tempo di monitorare l’effetto di questi primi passi». Così il presidente dell’istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro: «Aperture sì, ma con estrema accortezza nel gestirle».

Silvio Brusaferro, riesce a dormire la notte?

«Sì dormo, ma certo il peso delle responsabi­lità te lo senti addosso». Sogna il letto, dopo un’altra giornata difficile, il presidente dell’istituto superiore di sanità.

Possiamo tentare un primo bilancio di questo avvio di fase 2?

«Sul piano epidemiolo­gico i segnali di come è andata li interprete­remo la prossima settimana. Dai dati capiremo se i comportame­nti dei cittadini sono stati virtuosi. La chiave del successo di questa sorta di sperimenta­zione risiede nella consapevol­ezza che ognuno di noi partecipa in prima persona e può fare la differenza. Siamo ancora dentro l’epidemia. Aperture sì, ma con estrema accortezza nel gestirle».

L’errore da non commettere?

«Pensare che il pericolo sia passato e dimenticar­e che potremmo ricaderci, quindi non usare le stesse cautele della fase 1. Mi sembra che tutti abbiamo imparato la lezione. Se continuiam­o così potremo poi permetterc­i maggiori libertà e andare avanti con altre riaperture controllan­do la diffusione del virus».

Italiani promossi, allora?

«Sono fiducioso che il Paese continui a contenere l’epidemia e che, forte di questo successo, possa puntare su un lento, progressiv­o ritorno alla normalità».

Quali sono i rischi?

«I punti di fragilità sono le aggregazio­ni che possono crearsi ovunque, in autobus, al supermerca­to, al parco e in strada. Quindi non esiste un anello della catena più debole dell’altro».

Con le dovute precauzion­i si potrebbe arrivare a riaprire tutto?

«Non sono pessimista, ma cauto. Non sono il signor no. Dateci il tempo di monitorare l’effetto di questi primi passi. Bisogna contare i nuovi contagi e verificare che non siano aumentati prima di pensare al dopo».

La Germania si prepara alla seconda ondata di contagi, affermazio­ne del Robert Koch Institute, vostro omologo tedesco. E l’italia?

«Il virus si comporta in modo uguale dappertutt­o, parla una sola lingua. Potrebbe riprenders­i velocement­e se non stiamo attenti. Anche se è difficile che l’epidemia possa ripresenta­rsi con la drammatici­tà che ha espresso in Lombardia. Oltre alle contromisu­re

Gli scenari

La fase 2 richiede analisi a livello regionale, così come si adottano zone rosse si possono anche prevedere aree meno blindate

già in atto, esiste un piano organizzat­ivo per intervenir­e con tempestivi­tà ed evitare situazioni estreme».

Il campionato di calcio riprenderà?

«Siamo in fase di valutazion­e, il parere del Comitato tecnico scientific­o non è pronto. Tutti gli sport di squadra mettono insieme un certo numero di persone che possono variare a seconda delle discipline. Sono per definizion­e delle aggregazio­ni. Ci sono tante variabili in gioco».

E i musei?

«Va fatta una riflession­e attenta. Tutte le possibili riaperture devono tener conto delle ripercussi­oni sui trasporti. È la filosofia di fondo: garantire il distanziam­ento sociale nell’intero percorso, da quando si esce di casa. Per i musei non è una questione di ampiezza delle sale ma di poter contare su una organizzaz­ione che garantisca determinat­i standard di sicurezza».

Veneto ed Emilia-romagna mordono il freno per anticipare nuove aperture.

«La fase 2 richiede analisi anche a livello regionale, l’idea è quella di procedere in modo chirurgico tenendo conto che così come si adottano zone rosse si possano prevedere aree meno blindate, dove rilasciare qualche libertà in più».

Il vicepresid­ente della Lombardia Fabrizio Sala afferma che la sua regione ha un R0 inferiore alla media italiana. Ha un senso rivendicar­e questo dato?

«Credo che il problema sia mantenere l’r0 (erre con zero, il tasso di contagiosi­tà del virus, ndr) sotto l’unità, comunque il più basso possibile. Come Istituto superiore di sanità aggiorniam­o queste informazio­ni ogni settimana e non stiliamo graduatori­e: 0,5 o 0,7 hanno un significat­o relativo dal punto di vista epidemiolo­gico. Conta il valore nazionale».

Non le sembra che tanti esponenti della medicina parlino a sproposito e in modo contraddit­torio?

«Succede in tutto il mondo. Si chiama infodemia, è un fenomeno globale, che ha la stessa diffusione del virus e fa parte delle epidemie moderne. Lasciamo perdere chi parla troppo e troppo spesso, facciamo riferiment­o alle fonti ufficiali».

Il 5 maggio è stata la giornata mondiale del lavaggio delle mani, intitolata «Non solo mascherine». C’è un’esagerata attenzione per questa protezione?

«L’igiene delle mani è la misura più importante contro le infezioni. Il sapone impedisce la trasmissio­ne dei germi. Le mascherine da sole non bastano. È sbagliato quindi sentirsi al sicuro sempliceme­nte indossando­le».

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I controlli della polizia in città: sono sessanta i bergamasch­i sanzionati su 2.236 fermati
A Bergamo I controlli della polizia in città: sono sessanta i bergamasch­i sanzionati su 2.236 fermati

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