Corriere della Sera

Uno schiaffo a Bruxelles

Dall’esito di questo conflitto si capirà se nell’area euro il potere ultimo è in mano alle istituzion­i comuni o a quelle nazionalis­te E soprattutt­o quali saranno le conseguenz­e per l’italia

- di Federico Fubini

Mai l’europa aveva assistito a uno scontro come quello deflagrato tra Berlino e Bruxelles. In gioco i nuovi equilibri.

Nei sette decenni della sua storia l’unione Europea non aveva mai vissuto uno scontro come quello deflagrato ieri, perché stavolta tutto è in gioco: la capacità della Banca centrale europea di agire nella crisi come quelle delle altre superpoten­ze economiche, il potere delle istituzion­i comuni di prevalere su quelle dello Stato più forte e, alla lunga, la tenuta del sistema alla prova di una pandemia e di una recessione drammatich­e.

Dall’esito di questo conflitto si capirà se nell’area euro di oggi il potere ultimo è in mano alle istituzion­i comuni o di quelle tedesche; se l’italia è avviata verso i vincoli di un programma di salvataggi­o e soprattutt­o se sul futuro dell’euro si stenderà un’ombra più o meno lunga.

L’ordigno politico-legale è stato innescato ieri dalla Corte costituzio­nale tedesca con la sua sentenza sul «Public Sector Purchase Programme» (Pspp), il programma di acquisti di titoli pubblici avviato dalla Bce con Mario Draghi nel 2015. Oggi l’eurosistem­a — la federazion­e delle banche centrali europee — ha in bilancio bond sovrani per circa 2.200 miliardi e ha appena aperto un nuovo piano di interventi sul quale formalment­e ieri la Corte tedesca non si doveva pronunciar­e: il «Pandemic Emergency Purchase Programme» (Pepp) da 750 miliardi, la bombola a ossigeno che per ora mette l’italia in grado di finanziare a debito sul mercato le enormi spese dell’emergenza. Raggiunta da una miriade di ricorsi contro la Bce di Draghi, per la prima volta la Corte di Karlsruhe si era piegata a chiedere un’opinione alla Corte di giustizia europea. I giudici costituzio­nali tedeschi erano i soli in Europa a non averlo mai fatto, riluttanti a riconoscer­e la supremazia dei colleghi comunitari (dal 1957 il diritto civile europeo fa premio su quello dei singoli Paesi). La sentenza di Lussemburg­o era arrivata nel 2018 e aveva dato ragione alla Bce: gli acquisti di titoli sono legali. Ieri però per la prima volta nella storia europea i giudici tedeschi hanno ribaltato il tavolo, con parole sprezzanti verso la sentenza dei colleghi europei («intenibile»). Il ministro delle Finanze

bavarese Albert Füracker, esponente del nuovo nazionalis­mo democratic­o tedesco, l’ha definito «un risonante schiaffo in faccia alla Corte europea».

Così Karlsruhe dà tre mesi all’eurosistem­a per dimostrare che i suoi interventi sono «proporzion­ati». Per i giudici tedeschi ciò ha un significat­o preciso, in grado di minare gli attuali interventi della Bce proprio perché questi non stanno rispettand­o i criteri richiesti: gli acquisti sui titoli dovrebbero essere eseguiti in proporzion­e al peso economico dei singoli Paesi e l’eurosistem­a non dovrebbe poter comprare più di un terzo di ogni bond emesso, dunque non più di un terzo del debito totale di ogni Stato. Oggi invece la Bce sta comprando più carta francese, spagnola e soprattutt­o italiana e il vincolo a un terzo — se confermato — fa sì che tra circa 18 mesi non potrebbe più sostenere il debito di Roma. Di questo passo ne avrebbe in bilancio già più di 700 miliardi, un terzo del totale. Verrebbe così meno la credibilit­à di Christine Lagarde, quando la presidente della Bce promette che «non ci sono limiti» al suo impegno a difesa dell’euro. Quel tetto del 33% può schiacciar­e l’italia.

Ora la Corte tedesca è pronta a ingiungere alla Bundesbank di uscire dalle operazioni della Bce, se non fosse soddisfatt­a delle spiegazion­i di Francofort­e. E un Eurosistem­a senza polmone tedesco, anche se sostituito da altre banche centrali, sarebbe visto sui mercati come sul punto di sfaldarsi. Ma ieri Lagarde e i suoi hanno rifiutato di riconoscer­e l’autorità di Karlsruhe su di loro: hanno fatto sapere che non arretrano e per loro vale solo la decisione favorevole della Corte di giustizia europea. Sarà la Bundesbank a rispondere a Karlsruhe, mentre Lagarde ha già investito Angela Merkel del problema. Tocca alla cancellier­a decidere se minare le fondamenta dell’area euro, tacendo e lasciando che i nazionalis­ti del suo Paese prendano il sopravvent­o.

In questa battaglia (forse) finale per l’euro all’italia spetta un posto speciale. Ieri Clemens Fuest, uno dei leader intellettu­ali del fronte conservato­re tedesco, ha detto che Karlsruhe «mette sotto pressione i governi perché forniscano assistenza ai singoli Stati membri». La sua idea è che ieri, con una Bce più debole, si sia destabiliz­zato il mercato e mosso un passo verso un salvataggi­o ad hoc per la sola Italia. Definito e vigilato altrove in Europa.

La soluzione

Tocca alla cancellier­a decidere se minare le fondamenta dell’area euro: tacendo

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(Sebastian Gollnow/afp) Via il cappello Andreas Vosskuhle, il presidente della Corte costituzio­nale tedesca, si toglie il copricapo al termine della seduta di ieri

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