Corriere della Sera

Che futuro ha l’esecutivo

Braccio di ferro tra «produttivi­sti» e «assistenzi­alisti», l’ira di Gualtieri per le iniziative (anche) dei suoi e i sospetti dei 5 Stelle sul presidente del Consiglio

- di Francesco Verderami

Le difficoltà ci sono. La maggioranz­a è divisa tra «produttivi­sti» e «assistenzi­alisti». E il decreto di aprile fatica a partire anche in maggio. Così «riappaiono» i Responsabi­li.

Non esiste l’ipotesi che Conte possa essere messo in crisi da giochi di Palazzo. Semmai il Palazzo sa che a breve sarà investito dalla crisi di sistema, e come rivela un esponente del governo «c’è già la comune consapevol­ezza» che l’onda d’urto dell’emergenza economica e sociale imporrà ai partiti di maggioranz­a e opposizion­e di «accantonar­e il tatticismo». Nel frattempo la politica esce dal lockdown riproponen­do gli stessi vecchi riti, la stessa logorante guerra di posizionam­ento che ha preceduto la pandemia.

Così attorno al decreto di aprile, che non verrà varato nemmeno nella prima settimana di maggio, si consuma un duro braccio di ferro tra l’ala «produttivi­sta» e l’ala «assistenzi­alista» del governo: due fronti trasversal­i che non riescono a trovare un compromess­o sull’impostazio­ne da adottare per ogni singolo capitolo di spesa. E più Gualtieri si sente circondato più si arrocca, irritato anche dalle iniziative dei suoi compagni di partito, dalle loro «note» sulle esigenze del mondo delle imprese che minacciano di tradursi in emendament­i. Tale è la tensione, che il ministro dell’economia l’ha scaricata sul rappresent­ante di Leu, Fassina, nell’ultima riunione di maggioranz­a: «È inutile che mi chiedete soldi per le vostre marchette in Parlamento».

In questo caos, appare come una variabile marginale la sentenza della Corte costituzio­nale tedesca, che potrebbe inficiare lo scudo della Bce dietro cui si protegge per ora l’italia. Il punto — come racconta un autorevole esponente del Pd — «è che nei provvedime­nti del governo non si scorge una strategia economica. E appena l’europa capirà che i soldi ci servono per interventi a pioggia, quei soldi non ce li darà». Altro che Mes. Peraltro ieri in Parlamento l’attenzione era concentrat­a sui possibili riflessi politici del surreale scontro in punta di diritto tra Bonafede e Di Matteo. Che ha costretto uomini del governo a chiedere aiuto ai Responsabi­li: nel caso in cui Salvini presentass­e una mozione di sfiducia contro il Guardasigi­lli al Senato, infatti, potrebbero diventare determinan­ti se Italia viva non ottenesse garanzie in tema di giustizia e decidesse di svincolars­i dalle logiche di maggioranz­a.

Ecco quali sono le priorità. La tempesta si avvicina, il sindaco pd di Firenze Nardella denuncia che «finora gli unici soldi erogati dal governo sono stati solo i 400 milioni dati ai comuni per i buoni spesa», ma intanto il problema di Conte è controllar­e le mosse di Franceschi­ni. Al quale, guarda caso, giorni fa è stato recapitato un messaggio attraverso alcune senatrici grilline, che hanno presentato un’interrogaz­ione al ministro della Cultura «affinché chiarisca le sorti dei marmi di Torlonia». E conoscendo i vecchi codici della prima Repubblica, ieri Franceschi­ni ha atteso proprio un’audizione al Senato per dire che non anticiperà le norme a sostegno del suo settore, «perché non mi piace la tecnica di annunciare le proposte come fossero già delle misure. Magari cambiano e si provoca delusione».

La risposta sarà arrivata al destinatar­io. Ché poi anche Conte è sotto osservazio­ne: alla Stampa che gli chiedeva se fonderà un partito, il premier ha risposto che «adesso il mio futuro non conta». La non smentita ha scatenato l’ira belluina dei grillini, stanchi (testuale) delle «manovre di Giuseppi che pensa di usare il Movimento come un taxi. Ma è solo una questione di tempo». Giusto il tempo perché la difesa a spada tratta di Conte da parte del Pd si infranga «sul principio di realtà e sull’assunzione di responsabi­lità davanti al Paese». Per allora, come a palazzo Chigi temono, tra quanti sosterrann­o questa posizione ci sarà anche il ministro degli Esteri.

È vero che ogni tanto Zingaretti, stanco dei suoi capigruppo e di Renzi, minaccia che «se continua così è meglio votare in autunno». Ma nessuno si preoccupa di una pistola scarica, e in fondo è anche per proteggere le istituzion­i che il leader del Pd si costringe al ruolo. Certo non può affermare oggi ciò che già dice Berlusconi: «Passata l’emergenza servirà un governo più adeguato». Perché il problema non sono le manovre di Palazzo. È che il Palazzo non può cadere.

 ??  ?? Gialloross­i Il leader di Italia viva, Matteo Renzi, 44 anni, ha attaccato in diverse occasioni il premier Giuseppe Conte, 55 anni, evocando la crisi di governo: «Decida se fare a meno di noi». Le tensioni nella maggioranz­a riguardano però anche altri partiti dell’esecutivo
Gialloross­i Il leader di Italia viva, Matteo Renzi, 44 anni, ha attaccato in diverse occasioni il premier Giuseppe Conte, 55 anni, evocando la crisi di governo: «Decida se fare a meno di noi». Le tensioni nella maggioranz­a riguardano però anche altri partiti dell’esecutivo

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