Corriere della Sera

Stop dell’alta Corte tedesca alla Bce La Ue e Francofort­e: andiamo avanti

I giudici costituzio­nali: 3 mesi per giustifica­re l’acquisto di titoli sovrani o la Bundesbank dovrà andarsene. Francofort­e: non cambia nulla

- Giuliana Ferraino

Il programma di acquisto di titoli di Stato della Banca centrale europea non viola il divieto di finanziame­nto monetario dei bilanci degli Stati membri, ha stabilito ieri l’attesa sentenza della Corte costituzio­nale tedesca pronuncian­dosi sul ricorso contro il «Quantitati­ve Easing» avviato dall’allora presidente della Bce, Mario Draghi, il 4 marzo del 2015, concluso a fine dicembre 2018 e riattivato dallo scorso novembre. L’eurotower può quindi continuare a intervenir­e sul mercato secondario. Però i giudici di Karlsruhe lanciano un ultimatum a Christine Lagarde, che ha sostituito Draghi all’inizio di novembre: la Bce ha 3 mesi per giustifica­re «in modo ampio e dettagliat­o» che i suoi acquisti «non sono sproporzio­nati rispetto agli effetti di politica economica e fiscale derivanti». Altrimenti la Bundesbank non potrà più partecipar­e al programma e inoltre dovrà vendere le obbligazio­ni già acquistate e detenute in portafogli­o. Secca la reazione della Bce, in serata: il consiglio direttivo «prende atto» della sentenza e «rimane pienamente impegnato a fare tutto il necessario per perseguire la stabilità dei prezzi».

Ma la sentenza di Karlsruhe, firmata dal presidente della Corte, Andreas Vosskuhle il giorno prima della fine del suo mandato, va molto oltre. È vero che la decisione non riguarda il nuovo programma di acquisti da 750 miliardi introdotto dalla Bce per contrastar­e la pandemia (Pepp), perciò «non avrà alcuna conseguenz­a pratica», assicura il ministro dell’economia Roberto Gualtieri. Ma di sicuro apre la strada a nuovi ricorsi tedeschi, che rischiano di indebolire la risposta della Banca centrale in un momento di crisi profonda. Le nuove stime della Commission­e segnalereb­bero un calo fino all’8% per l’economia dell’eurozona.

Il problema è che le «Toghe rosse», però, mettono anche in discussion­e la competenza e l’indipenden­za della stessa Bce. Da un lato argomentan­do come il programma di acquisto di titoli di Stato (pari a 2.088 miliardi di euro a inizio novembre su circa 2.600 miliardi complessiv­i) non sia stato efficace per riportare l’inflazione vicino ma sotto il 2% (il target della Bce). Dall’altro accusando la Corte di Giustizia Ue di «esonerare in gran parte o del tutto la Bce dal controllo giurisdizi­onale», mentre «è indispensa­bile rispettare la ripartizio­ne delle competenze». Lo scontro con la Corte del Lussemburg­o, che l’11 dicembre 2018 aveva respinto il ricorso contro il Qe di Draghi, è senza precedenti: per la prima volta nella sua storia, la Corte costituzio­nale afferma che le azioni e le decisioni degli organi europei possono non essere efficaci in Germania. Non sorprende perciò la replica immediata della Commission­e Ue che ha ribadito «il primato del diritto dell’unione europea» e che «le sentenze della Corte di Giustizia europea sono vincolanti per tutti i tribunali nazionali».

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