Corriere della Sera

«La videochiam­ata in corsia Le voci dei miei cari mi hanno ridato la vita»

- Di Enrico Marcoz

Il volto segnato, gli occhi scavati, un timido sorriso e il pollice rivolto verso l’alto. La storia di Claudio Massai, commercian­te in pensione di Aosta, è tutta in quest’istantanea, scattata il 29 aprile mentre usciva dall’ospedale Parini dopo 45 giorni trascorsi tra la vita e la morte. Stretto nel suo piumino blu, la tuta e le scarpe da ginnastica, con passo incerto ha lasciato la struttura sanitaria accompagna­to dai familiari.

Ha compiuto 68 anni a febbraio, pochi giorni prima che il Covid lo trascinass­e in un lungo incubo. Per l’ex venditore di autoricamb­i tutto si è complicato molto velocement­e. Era il 13 marzo. Il contagio è stato devastante per il suo fisico. «Tutto è iniziato durante una passeggiat­a con mia moglie, mi sono accorto che mi mancava il fiato».

I sintomi si sono manifestat­i a casa (tosse e febbre). I dati del saturimetr­o fuori norma, la chiamata al 112, insomma ha fatto tutta la «trafila» fino ad arrivare in ospedale, prima nel reparto Covid e poi in Rianimazio­ne. I medici hanno provato in ogni modo a compensare la difficoltà a respirare, a dare ossigeno ai polmoni sempre più infiammati: occhialini, maschera, casco, fino all’intubazion­e. Dieci giorni di coma, la tracheotom­ia, infine il lento e angosciant­e risveglio. «È stato un periodo tremendo — racconta — pieno di incubi e allucinazi­oni, vedevo la testa staccata dal corpo e la telecamera appesa alla parete che veniva ad aggredirmi. Chiudevo gli occhi per non guardare ma, quando li riaprivo, era peggio di prima. Credevo che la mia famiglia fosse morta e che fossi rimasto solo io in vita. Volevo morire, per me era finita. Avrei voluto staccarmi dai sondini e dai tubi che mi collegavan­o all’ossigeno. Mi ricordo che stringevo forte le mani degli infermieri tanto da far loro male». Giorni di terrore e disperazio­ne. «Ricordo alcune voci che mi incoraggia­vano: “Forza Claudio, ce la puoi fare, la tua famiglia ti aspetta a casa”. E quella preghiera recitata da un diacono e da una infermiera che mi teneva la mano».

Quando tutto sembrava perduto, quando anche i medici cominciava­no a dubitare delle possibilit­à di ripresa, quando ai familiari non restava che un sottile filo di speranza, è arrivata la svolta grazie a una videochiam­ata dei parenti più stretti. «Mi ha ricollegat­o alla realtà e alla mia famiglia, mi ha ridato la voglia di lottare anche per loro». Da quel giorno è iniziata la discesi sa. «Ho avuto delle complicanz­e che mi hanno costretto in ospedale per molte settimane. Le piccole conquiste quotidiane però mi hanno dato la forza per andare avanti: riuscire a stare seduto, il primo piede poggiato a terra, ricomincia­re a mangiare e a farla doccia da soli». La solitudine, «l’aspetto più pesante di tutti». «Ho patito la lontananza dalle persone care — sottolinea Claudio — e il vivere senza la loro presenza in un momento così difficile, non sono mai stato abituato a stare da solo durante i dolori e le malattie».

Il 3 aprile il secondo tampone negativo, il Covid è alle spalle ma non il trauma interiore provocato dalla drammatica esperienza. «Ora sono a casa e mi sembra un sogno. Ogni giorno lo vivo come un dono. Sono di nuovo alle prese con il saturimetr­o ma, questa volta, con un altro spirito perché vedo piccoli migliorame­nti quotidiani». L’ultima

I momenti

«Ero in ospedale e credevo che la mia famiglia fosse morta Ora tutto è un dono»

riflession­e: «Ho sofferto fisicament­e e moralmente in ospedale ma le persone a me vicine hanno sofferto anche di più. Passavano le giornate in attesa di notizie e si sentivano sollevate ogni volta che i medici dicevano loro anche solo che ero stabile. Avevano piacere di sapere che gli infermieri in Rianimazio­ne mi accudivano, mi spalmavano la crema, mi accarezzav­ano e mi parlavano al posto loro».

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68 anni, ex venditore di autoricamb­i di Aosta, mostra il pollice lasciando l’ospedale: a causa del Covid-19 è stato a lungo in coma, intubato
Il sorriso Claudio Massai, 68 anni, ex venditore di autoricamb­i di Aosta, mostra il pollice lasciando l’ospedale: a causa del Covid-19 è stato a lungo in coma, intubato

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