Se cade Conte per il Quirinale c’è solo il voto Senza aspettare il referendum
Dopo la fase 2 il marasma, con rigenerazione e salvezza finale. Ovvero la caduta del governo Conte già prima dell’estate e l’apertura di un negoziato a tutto campo da cui nascerebbe un esecutivo «di salute pubblica» al quale affidare la ripartenza economica dell’italia. Ecco lo scenario che alcuni profetizzano da settimane, tra Montecitorio e qualche salotto politicomediatico dove si coltiva il sogno di insediare a Palazzo Chigi gli ottimati, cioè i migliori o presunti tali. È una scommessa che vede il presidente della Repubblica, arbitro costituzionale di ogni crisi, nelle vesti di ormai rassegnato esecutore di questa soluzione. Le cose non stanno così. Certo, anche Mattarella è in ansia per le sfide che attendono il Paese. Teme che l’assedio al premier, logorato da una parte della stessa maggioranza (e qui Renzi svetta accanto a qualche pokerista dei 5 Stelle) e bombardato compulsivamente da un’opposizione in cerca di spazi, costringa il governo ad accontentarsi di una modesta strategia di galleggiamento. Il rischio è che, in quest’atmosfera da cupio dissolvi, non vengano arginate le prospettive di una recessione e tutto sfoci in una resa di Giuseppe Conte. Magari per un banale incidente di percorso in Parlamento. Sarebbe la crisi al buio che tanto preoccupa il capo dello Stato. Il quale non ha sulla scrivania una pistola giocattolo, con il tappo di sughero. Ha l’arma dello scioglimento delle Camere. È vera e carica. E lui è pronto a usarla subito anche perché ha sempre detto che, esaurita ogni formula politica, Conte sarebbe stato l’ultimo premier di questa legislatura. Basta porsi qualche domanda per averne conferma. Ci sono i numeri per una maggioranza alternativa? C’è un candidato premier accettabile da un largo fronte? C’è un programma serio e condiviso? E, soprattutto, c’è il tempo per far maturare un’intesa (come minimo un paio di mesi tra consultazioni sul Colle e trattative), mentre l’italia è stretta sotto una doppia emergenza? A questi interrogativi la risposta inevitabile è una sola: no. E non c’è neppure lo scudo del referendum sul numero dei parlamentari (con successiva nuova legge elettorale) dietro il quale si riparano coloro che vagheggiano l’esecutivo di unità nazionale. Se poi davvero la deadline del governo Conte 2 fosse a giugno, come si sostiene, Mattarella ci manderebbe alle urne a settembre, nel quadro istituzionale che c’è adesso. Cioè con l’esecutivo dimissionario a traghettarci al voto. Con i sommovimenti tra i due fronti suggeriti dagli ultimi sondaggi, nessuno può dare per scontato come andrebbe a finire.