Un aereo della Farnesina per salvare l’italiano in gravi condizioni in Guinea
Èpronto a partire in giornata il volo dell’aeronautica militare inviato dal ministero della Difesa e dalla Farnesina per riportare a casa Jesus Jaime Mba Obono, 49 anni, perito informatico, cittadino italiano, nato in Guinea Equatoriale, e rimasto lì da gennaio dopo una visita ai suoi familiari, per sfuggire al coronavirus che invece lo ha raggiunto in Africa. «Sono felicissima, ringrazio tutti», dice la moglie, Chiara Beninati, palermitana, ancora frastornata.
È con il fiato sospeso da martedì scorso quando lo ha sentito per l’ultima volta al telefono. Subito dopo gli effetti del Covid-19 si sono fatti più allarmanti. È stato sedato, intubato, trasferito in terapia intensiva, ma gli stessi sanitari dell’ospedale Loeri Comba di Malabo hanno consigliato a sua moglie di riportarlo in Italia. Lì per lui, sorpreso in Africa dal Covid-19, non c’erano speranze.
Ma Chiara ha iniziato a lottare. Ha lanciato una raccolta fondi per pagare un volo privato. Ha raccolto circa 100 mila euro. Si è messa in contatto con l’ambasciata («Sono stati gentilissimi»). Ma il tempo stringeva. Le condizioni erano sempre più gravi. Servivano permessi, c’erano intoppi. E lei ha lanciato un appello al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, al ministro della Salute Roberto Speranza e al capo della Protezione civile, Angelo Borrelli. «Mio marito è intubato e stanotte si è ulteriormente aggravato. Sta lottando contro la morte. Ha bisogno urgente di essere sottoposto a dialisi e in Guinea Equatoriale, mi dicono, non ci sono apparecchiature sanitarie. La situazione è critica». «Istituzioni dove siete. Mandate un aereo subito!», aveva implorato.
L’intervento della Farnesina ha sbloccato tutto. E in poche ore è scattata l’allerta per il volo. Se i permessi richiesti in via d’urgenza ai Paesi di sorvolo arriveranno in tempo, Jaime potrebbe partire subito dopo pranzo sul velivolo 767 attrezzato per il biocontenimento con la speciale barella di isolamento, nella quale il paziente può viaggiare intubato, con la respirazione assistita, e ricevere l’assistenza medica attraverso speciali manichette. Una eccellenza nel recupero di pazienti in situazioni critiche che l’italia condivide solo con la Royal Air Force britannica e la flotta Usa. È lo stesso tipo di velivolo che riportò a Roma Mattia, il 17enne bloccato a Wuhan per la febbre quando il contagio era circoscritto alla Cina.
Chiara e Jaime hanno un figlio di 5 anni e in Guinea, dove hanno vissuto 10 anni, hanno preso in affido due ragazze che ora studiano a Palermo. Sono attivi nel sostegno alle comunità africane della città.
A gennaio Jaime era andato a trovare i 4 fratelli. Gli avevano suggerito di aspettare lì. Il 27 aprile il ricovero.
«È una corsa contro il tempo, prego tutte le istituzioni di aiutarmi», aveva insistito Chiara. Sia il Campus biomedico di Roma che l’ospedale Cervello di Palermo hanno dato la disponibilità all’accoglienza. È in uno di questi due ospedali che, se tutto procede liscio, prima di domani, dovrebbe concludersi la battaglia di Chiara.