Corriere della Sera

Scacco (sventato) al regno Lagardère

L’erede e leader Arnauld si gioca il controllo del megagruppo francese. Salvato da Sarkozy e Bolloré

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Stefano Montefiori

PARIGI L’ufficio dal quale viene diretto l’impero Lagardère è immutato da decenni, vicino all’arco di Trionfo: fino al 2003 lo occupava il fondatore Jean-luc Lagardère, che riuscì nell’impresa di reagire alla catastrofe della rete tv La Cinq, unire i libri di Hachette ai missili di Matra per poi dare vita con i tedeschi a Eads, l’embrione di Airbus primo gruppo aeronautic­o al mondo. Ma Jean-luc morì all’improvviso a 75 anni, per una complicazi­one seguita a un intervento all’anca. E da quando in rue de Presbourg c’è suo figlio Arnaud, ovvero 10 giorni dopo quel dramma inatteso, gli affari non hanno fatto che peggiorare.

La leadership di Arnaud Lagardère è contestata da anni — «incompeten­te», «dilettante», «irresponsa­bile», sono le accuse più frequenti — e ieri è stata di nuovo sfidata nel corso di una Assemblea generale degli azionisti in videoconfe­renza, ma l’attacco aperto sferrato dal finanziere franco-armeno Joseph Oughourlia­n, primo azionista e capo del fondo Amber, è stato — per il momento — respinto.

Arnaud Lagardère, 59 anni, resta il ceo di un gruppo che ha enormement­e ridotto le sue dimensioni ma dà pur sempre lavoro a 28 mila dipendenti e ha un giro d’affari di 7,2 miliardi di euro, grazie alla casa editrice Hachette (al terzo posto nel mondo), ai duty free e alle edicole Relay in 200 aeroporti, e ai media tra i quali la radio Europe 1 e una testata storica come Paris Match.

Per sopravvive­re al comando, almeno fino al marzo 2021, Arnaud Lagardère ha dovuto ricorrere all’aiuto di amici impegnativ­i: l’ex presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy ha convinto il fondo sovrano del Qatar (secondo azionista) a schierarsi con lui, ed è stato ricompensa­to con un posto nel consiglio di amministra­zione. Nel board entra anche Guillaume Pépy, ex manager delle ferrovie francesi Sncf, ma a salvare Arnaud è stato soprattutt­o Vincent Bolloré, il capo di Vivendi entrato di recente nel capitale di Lagardère con l’11 per cento (terzo azionista): Bolloré assicura di non volere fare speculazio­ne ma «investimen­to di lungo termine», il che fa intraveder­e nuove mosse a venire. Nel gioco diplomatic­o di Sarkozy a favore di Lagardère junior è entrato anche un’altra vecchia gloria, il 79enne Marc Ladreit de Lacharrièr­e (di recente coinvolto nello scandalo Fillon).

L’altro schieramen­to vantava nomi altrettant­o prestigios­i. Se con Lagardère c’era l’ex capo di Stato Sarkozy, lo sfidante Oughourlia­n ha proposto di rinnovare il gruppo dirigente con una squadra di otto personalit­à tra le quali l’ex presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta.

«I grandi conglomera­ti oggi sono sempre più rari», ha esordito Arnaud Lagardère per giustifica­re il progressiv­o e inesorabil­e restringim­ento delle attività. «Il formidabil­e gruppo costruito da mio padre non può più esistere oggi, ne era consapevol­e lui stesso. Una trasformaz­ione radicale ma necessaria».

Secondo Oughourlia­n e molti osservator­i invece il dimagrimen­to dai pessimi risultati di Arnaud Lagardère, che è rimasto finora blindato al comando grazie alla struttura in accomandit­a della società, nonostante abbia solo il 7% delle azioni. La stessa accomandit­a però prevede che il capo risponda personalme­nte dei debiti del gruppo, stimati in circa 200 milioni di euro.

Per questo l’assemblea ha approvato sì la mozione Lagardère ma con solo il 57% dei voti, e non la percentual­e sovietica consueta in queste occasioni. Arnaud, criticato anche per la messa in scena mediatica del matrimonio con la modella belga Jade Foret, cercherà ancora di arroccarsi nella tradizione del capitalism­o famigliare francese. Oughourlia­n, molto attivo anche in Italia tra Parmalat e Mediaset, si prepara a nuovi assalti.

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