La tentazione nazionalista della filologia
Riviste «Quaderni di storia» ieri e oggi
Secondo Luciano Canfora (nella foto), «il successo, il consenso crescente e il radicamento del fascismo» sono il «fenomeno più cospicuo della storia d’italia del Novecento». Questo giudizio, che ovviamente l’autore, uomo di sinistra, esprime con notevole preoccupazione, si trova in un articolo sul nuovo fascicolo del periodico «Studi Storici», nel quale il filologo classico, firma di spicco del «Corriere», rievoca la fondazione, avvenuta 45 anni fa, di un’altra rivista, «Quaderni di storia», da lui diretta e tuttora pubblicata dall’editore Dedalo. Fu appunto nel 1975-76 che Canfora, con i primi numeri dei «Quaderni», attirò l’attenzione critica (e a volte polemica) di insigni studiosi, tra i quali Arnaldo Momigliano, sollevando un problema scottante, il contributo offerto da alcuni importanti nomi della cultura, nel campo delle lettere classiche, allo sviluppo di idee nazionaliste estreme e imparentate con il fascismo italiano e il nazionalsocialismo tedesco.
Canfora sosteneva allora, e ribadisce oggi, che risulta improprio separare le «premesse ideologiche» dai «contenuti del lavoro scientifico» e quindi, pur evitando «collegamenti meccanici», bisogna riconoscere che gli studi sul mondo antico, nel periodo tra le due guerre, furono una «cultura di punta» nel contesto dei regimi totalitari.
All’epoca i «Quaderni di storia» vennero accusati di tendenziosità marxista. Si scrisse che avevano voluto «epurare» Ulrich von Wilamowitz-moellendorf, grandissimo filologo tedesco. Oggi appare evidente che l’intento era semmai esplorare un aspetto delle premesse di una stagione tragica, in cui furono implicate alcune delle espressioni più elevate della cultura europea.