Abbé Pierre, eterno combattente per «l’insurrezione della bontà»
Pensiero Pubblichiamo la prefazione di Edgar Morin al libro del sacerdote (edizioni Terra Santa) in uscita domani
La figura dell’abbé Pierre ci accompagna da oltre settant’anni, anche oltre la sua morte, avvenuta nel 2007. Fu lui a dar vita a Emmaüs, la comunità di solidarietà e accoglienza fondata nel 1949; fu lui che nel gelido inverno del 1954 lanciò l’appello all’«insurrezione della bontà» per portare aiuto ai senzatetto e ai più poveri.
Quel celebre appello era il frutto di una vita di impegno che lo aveva spinto, prima di tutto, a far voto di povertà, poi a prendere parte attiva alla resistenza contro l’oppressore e, infine, a entrare in politica come indipendente, esperienza che lo porterà a prendere coscienza delle gravi carenze della società contemporanea.
L’abbé Pierre rimase sempre un combattente. Dopo la politica continuò la propria resistenza su un altro terreno, in altre condizioni, ma sempre contro ciò che opprime e umilia.
A partire da quel febbraio 1954, l’azione dell’abbé Pierre non si è mai fermata e la sua opera continua ancora oggi. Ma non si è limitata ai senzatetto e agli indigenti. Si estende a tutti gli esclusi — dal lavoro, dall’istruzione, dalla cultura, dal cibo, dalla salute —, esclusi perché diversi per origine, credo religioso o colore della pelle. Leggendo gli appunti inediti qui pubblicati, risulta evidente che l’abbé Pierre ebbe ben chiaro che uno dei principali flagelli delle nostre società è l’esclusione, che nega a un essere umano la sua qualità prettamente umana per farne un sub-umano o un mero oggetto.
E dobbiamo prendere atto che ovunque nel mondo, soprattutto a partire dalle concezioni economico-politiche della Thatcher e di Reagan, le esclusioni si sono aggravate, che molte condizioni di povertà, che godevano di un minimo di autonomia, si sono trasformate in miseria, cioè in dipendenza sottoproletaria, mentre, come ha più volte ricordato l’abbé Pierre, il mondo diventa sempre più ricco. Quartieri interi e periferie diventano luoghi di apartheid, mentre i ghetti dei ricchi si barricano dietro filo spinato e guardie armate.
La figura dell’abbé Pierre non è solo emblema di bontà, di altruismo, di impegno, ma ci appare anzitutto come l’incarnazione concreta della fraternità, più che mai necessaria all’umanità.
Leggendo i testi qui pubblicati, mi ha colpito la sua coscienza delle miserie del mondo, di tutte le miserie del mondo, comprese quelle morali e spirituali, quelle dei ricchi e dei privilegiati.
Infine, e soprattutto, sono rimasto sconcertato nel vedere che, ben prima del diffondersi della globalizzazione, a partire dal 1989, l’abbé Pierre fosse assolutamente consapevole del destino dell’umanità, e si stupisse che pochi altri se ne rendessero conto. Aveva in lui quella coscienza planetaria indispensabile oggi per far fronte ai pericoli incombenti, e profetizzò la possibilità di una vera rivoluzione.
Che la lettura di queste preziose riflessioni sia un tonico per i lettori come è stato per me!
La ricchezza
Aveva coscienza delle miserie del mondo, anche di quelle morali e spirituali dei privilegiati