Corriere della Sera

Non trasformia­mo i calciatori in reclusi

- Di Mario Sconcerti

Non c’è niente di sbagliato nel calcio che vuole ricomincia­re. Il calcio è il mio amico, il mio lavoro, la mia compagnia da una vita. Perché non dovrebbe ricomincia­re? A essere sbagliato non è il calcio, sono le condizioni in cui lo si mette. Avete capito cosa si chiede ai giocatori, alle squadre, al personale di servizio? Di rimanere reclusi in alberghi per due mesi, da giugno a settembre se si fanno le Coppe. Di lasciare i ritiri solo per entrare negli stadi e gli stadi per entrare nei ritiri, sempre gli stessi. Senza vedere nessun familiare né qualunque tipo di congiunto, rimanendo lontani uno dall’altro anche nella stessa squadra, anche quando si mangia, si dorme o si cerca di distrarsi. Si chiede di giocare senza pubblico, di finire la partita, andare ad allenarsi e poi ricomincia­re ad aspettare la partita. Sempre da soli. Anche se non ci fosse esposizion­e al virus, che invece naturalmen­te c’è, sarebbe una cosa poco dignitosa, abbastanza barbara, molto più che medioevale. Il Medioevo era già tempo di monasteri e bibliotech­e, di comuni, perfino di un’idea di Stato. Qui si tratta di individui che restano reclusi per mesi e ne escono due-tre volte a settimana per andare a divertire un pubblico che non li ha chiesti. Clown tristi, gladiatori a cottimo, giullari involontar­i soltanto per una questione di soldi pretesi da una decina di presidenti che hanno appena finito di tagliare loro gli stipendi. C’è un problema? Cerchiamo di risolverlo.

Troviamo un’altra idea, un compromess­o. Un altro Paese. Molti bilanci sono già stati aggiustati dagli stipendi tagliati. Ma rinchiuder­e mille persone, tenerle fuori dal mondo perché lo spettacolo conviene vada avanti è capitalism­o pessimo. Non ricordo nessuno che abbia mai recluso i propri dipendenti, nemmeno nelle più dure rivoluzion­i industrial­i. Cosa c’entra il campionato, la Juve, la Lazio, la retrocessi­one? Qui si tratta di civiltà, dignità, rispetto per se stessi e per chi lavora per te. Chi si può divertire a vedere un calcio obbligato, dove le carte sono truccate, affaticate da questo stesso obbligo di esistere contro natura? Capisco ricomincia­re anche rischiando, anche in minor sicurezza, ma con regole di dignità comuni. Possibile si sia tutti d’accordo adesso nel tenere recluse centinaia di persone per mesi solo per far fare cassa ai presidenti? Tutto il Paese ha mostrato la sua stanchezza dopo due mesi di lockdown. Sappiamo quello che costa senza essere eroi. Adesso dovremmo divertirci senza vergogna facendo raddoppiar­e la pena ad altri solo perché qualcuno deve riprendere soldi che ha speso da solo? Davvero bastano poche settimane di virus per portarci all’involuzion­e tecnica e morale di questa colossale marchetta?

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