Schwazer a fine marcia: resta la squalifica di 8 anni
Il Tribunale federale svizzero boccia l’ultimo ricorso. Alex: «Conta l’assoluzione a Bolzano»
Dal fatal controllo antidoping (1° gennaio 2016) sono trascorsi 1.537 giorni, una ventina di udienze in tribunali di ogni ordine e grado, centinaia di pagine di perizie, ricorsi, referti di laboratorio.
La parola fine sulla carriera di Alex Schwazer, oro olimpico nella marcia ai Giochi di Pechino 2008 e protagonista dei due più clamorosi casi di doping dello sport italiano, è stata pronunciata il 17 marzo scorso ma è trapelata solo ieri. Il Tribunale federale svizzero (Tfs) ha respinto la richiesta di annullamento degli otto anni di squalifica inflitti al bolzanino alla vigilia dei Giochi
di Rio. Sul ricorso dei legali dell’atleta, il Tfs — «Cassazione» per le sentenze del Tribunale di arbitrato sportivo (il Tas) — si è pronunciato con estrema durezza. Nessun «fatto nuovo» dalle indagini della Procura di Bolzano (che indaga penalmente sui fatti) perché, è scritto nelle sei pagine di motivazioni, la «pretesa manipolazione di cui l’atleta si era invano avvalso più volte innanzi al Tribunale arbitrale non costituisce un fatto nuovo». Tornano al mittente pure le critiche all’udienza di Rio, organizzata in fretta e furia, perché «una procedura di revisione non può essere utilizzata per ovviare a limitazioni causate dalla procedura scelta dalle parti».
Fine della storia, quindi. Schwazer, che dovrà pagare 5000 franchi di spese legali, se crede tornerà a gareggiare nell’estate 2024, a 40 anni. E per ottenere giustizia sul piano penale potrà contare solo sul procuratore di Bolzano,
Walter Pelino, che cerca pazientemente di sbrogliare un caso che di punti oscuri (tempi e modi dei controlli, conflitti di interessi dei controllori) ne ha parecchi.
«Per me la priorità resta il processo di Bolzano dove mi gioco tutto per essere pienamente assolto» ha detto ieri Schwazer. Pelino punta su indagini epidemiologiche che sembrerebbero portare più verso il proscioglimento dell’atleta per insufficienza di prove che a individuare chi avrebbe ordito il sabotaggio del secolo.
La decisione
Per i giudici elvetici non è emerso «nessun fatto nuovo» dall’indagine penale