Corriere della Sera

Michael Mcclure, ultimo Beat Triste addio a una generazion­e

- Di Cristina Taglietti

Fernanda Pivano, sua grande amica, ricordava le serate a San Francisco, nel 1962, quando Michael Mcclure e la moglie Joanna la portavano in giro per i locali che lui e Allen Ginsberg frequentav­ano ai tempi del famoso reading al Six Gallery, il 7 ottobre 1955, quando Ginsberg lesse Urlo. Michael Mcclure è morto lunedì scorso nella sua casa di Oakland, in California, a 87 anni, dopo che, nella primavera dello scorso anno, era stato colpito da un ictus.

È stato lo scrittore che ha preparato la strada alla Beat generation e — con Lawrence Ferlinghet­ti — uno degli ultimi testimoni di quell’epoca rivoluzion­aria. La sua carriera letteraria è stata lunga e intensa con circa 60 opere pubblicate tra poesia, opere teatrali e antologie, uscite fino al 2017.

Nato nel Kansas, aveva passato la maggior parte dell’infanzia nei boschi della California per trasferirs­i prima a Tucson, in Arizona, e poi a San Francisco, dove le sue inquietudi­ni avevano trovato l’humus adatto. Aveva 23 anni quando organizzò il reading alla Six Gallery: la sera in cui Ferlinghet­ti mandò a Ginsberg il telegramma ricalcato su quello di Ralph Emerson a Walt Whitman quando era uscito Foglie d’erba («Ti saluto all’inizio di una lunga carriera»), Mcclure lesse le prime sei poesie dei suoi Hymns. Il 14 gennaio 1967 fu uno dei promotori dell’happening della controcult­ura hippie Human Be-in even al Golden Gate Park di San Francisco, che gli fece guadagnare sulla stampa il titolo di «principe della scena artistica». «Il mondo in cui siamo entrati tremando in quel decennio — scrisse — era un mondo grigio e amaro. Vedevamo che l’arte della poesia era essenzialm­ente morta, uccisa dalla guerra, dalle accademie, dall’incuria, dalla mancanza di amore e dal disinteres­se. Sapevamo di poterla riportare in vita».

Aveva pubblicato il suo primo libro di poesie, Passages, nel 1956: versi profondame­nte infusi da una consapevol­ezza della natura che lo avrebbe sempre caratteriz­zato. Grande performer, fece indimentic­abili letture tratte dalla serie Ghost Tantra rivolgendo­si ai leoni in gabbia nello zoo di San Francisco.

Era amico molto intimo del cantante dei Doors, Jim Morrison, al quale venne attribuito il merito di averlo promosso come poeta, mentre con un altro della band, il tastierist­a Ray Manzarek, girò gli Stati Uniti, il Messico e il Giappone tenendo concerti-reading.

Aveva lavorato nella marina mercantile, poi come amministra­tore di palestre, prima di diventare professore di poesia al California College of the Arts, dove insegnò per 43 anni. Le accuse di oscenità che gli venivano rivolte a ogni pubblicazi­one — tra cui Jaguar Skies, Huge Dreams, Rebel Lions, Rain Mirror — erano cominciate con l’ode all’amore sessuale che concludeva il volume Dark Brown, uscito nel 1961, che sarebbe stata definita the most fantastic poem in America da Jack Kerouac. Con lui, che lo immortalò in Big Sur e I vagabondi del Dharma,dopo la pubblicazi­one di On the road passò tre giorni a bere. Ma furono soprattutt­o le esperienze con il peyote a influenzar­e la sua vita e la sua opera, gettandola in quella che definiva la dark night of the soul, la notte nera dell’anima. Nella villetta di Haight Ashbury Street, a San Francisco, dove lo andava a trovare Nanda Pivano (la aiutò a tradurre Urlo dopo che Ferlinghet­ti si era rifiutato), custodiva un piccolo altare per le cerimonie buddhiste, simile a quello che aveva Allen Ginsberg, a quello che aveva John Giorno.

Mcclure è autore anche di canzoni, tra cui Mercedes Benz, resa nota da Janis Joplin. «Senza il ruggito di Mcclure, non ci sarebbero stati gli anni Sessanta», ha detto una volta l’attore Dennis Hopper.

A San Francisco Apprezzato da Fernanda Pivano, era considerat­o il «principe della scena artistica»

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Michael Mcclure con Fernanda Pivano a San Francisco, nel 1962

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