Corriere della Sera

Nuovi obblighi per limitare le scarcerazi­oni

Bonafede ancora al lavoro sul decreto legge, i tribunali si dovranno rivolgere prima al Dap Tensioni sul ministro tra Italia viva e 5 Stelle La presidente Fiorillo: scelte sempre motivate

- Virginia Piccolillo

Una modifica dell’ordinament­o penitenzia­rio permetterà di revocare gli arresti domiciliar­i o le altre misure alternativ­e per i detenuti al «41 bis» o considerat­i più pericolosi nel momento in cui venissero meno le condizioni che le hanno provocate. È un nuovo tassello del decretoleg­ge antiscarce­razioni di cui s’è ancora discusso ieri in un nuovo vertice serale tra il ministro della Giustizia grillino Alfonso Bonafede, il sottosegre­tario del Pd Andrea Giorgis e gli altri responsabi­li dei partiti di maggioranz­a. In più — oltre alla rivalutazi­one immediata sulla base delle mutate condizioni sanitarie e poi periodica dei provvedime­nti emessi nelle ultime settimane da parte dei giudici di sorveglian­za — sarà introdotto l’obbligo di interloqui­re con

Procure è un altro».

Quale?

«Più che il parere a noi interessan­o i dati di fatto sui quali è fondato, ma se come l’amministra­zione penitenzia­ria per trovare posti nelle strutture protette degli ospedali convenzion­ati con le carceri, che la nuova gestione del Dap sta ampliando proprio in questi giorni. Accertata l’assenza di soluzioni alternativ­a, i domiciliar­i dovrebbero essere accompagna­ti dall’uso del braccialet­to elettronic­o, ma resta incerta l’obbligator­ietà.

In attesa che il decreto veda spesso accade ci mandano l’elenco delle sentenze di condanna o dei procedimen­ti in corso, non ce ne facciamo niente: quegli atti li conosciavi mo già, sono il punto di partenza del nostro lavoro. A noi servono informazio­ni sull’attualità dei collegamen­ti con l’associazio­ne mafiosa, i nuo

Guardasigi­lli Il ministro M5S Alfonso Bonafede, 43 anni la luce Italia viva si aspetta indicazion­i anche dal premier Conte per decidere quale atteggiame­nto prendere sulla mozione presentata dall’opposizion­e contro Bonafede. Ma oltre alla difesa di Di Maio, il blog dei Cinque Stelle avverte: «Non ci piacciono le minacce. Sfiduciare lui è sfiduciare tutti noi». contesti criminali».

Però alcuni suoi colleghi hanno scarcerato capimafia sostenendo che l’età avanzata e la lunga detenzione ne riducono la pericolosi­tà...

«Non voglio parlare dei singoli casi, ma in generale dico che per i capimafia l’età avanzata non significa niente. Errori e valutazion­i sbagliate sono sempre possibili, anche nei nostri provvedime­nti, ma non si può generalizz­are. Io credo che il nostro lavoro richieda un costante contatto con il carcere e i detenuti; bisogna guardarli in faccia, è necessario il dialogo e il confronto, non possiamo decidere solo sulle carte».

Pare che in futuro dovrete rivalutare periodicam­ente le vostre decisioni sulle scarcerazi­oni connesse al Covid.

«Vedremo che cosa scriverann­o, ma noi facciamo già verifiche periodiche a un mese, due mesi, sei mesi o di più, a seconda dei casi. Certo che se ci chiedono di rivedere le decisioni ogni quindici giorni si porrà anche un problema di organici per smaltire la mole di lavoro in più».

Insomma, non siete i giudici «buonisti» a cui piace liberare i detenuti?

«Non credo che i miei detenuti abbiamo mai avuto la sensazione che lavorassi alla Caritas! Battute a parte, questa consideraz­ione è solo frutto di pre-giudizi che andrebbero abbandonat­i una volta per tutte. Il nostro lavoro dev’essere giudicato verificand­o la capacità, la profession­alità e il buon senso con cui viene svolto; e lo dico per tutta la magistratu­ra, non solo quella di sorveglian­za».

Come si fa a scegliere tra la salute del detenuto e la sicurezza della collettivi­tà?

«La premessa è che secondo la nostra Costituzio­ne la salute del cittadino, anche in condizioni di detenzione, viene prima di ogni altra cosa, dopodiché è un problema di bilanciame­nto da raggiunger­e su ogni singola situazione. Ma vorrei ricordare che il differimen­to della pena per gravi motivi di salute è previsto dal codice penale del 1930; e noi siamo giudici, non possiamo interpreta­re le norme a seconda dell’emotività dettata dal momento. Se poi quelle norme non sono più considerat­e consone al sentire comune si possono cambiare, ma compito della politica, non nostro».

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 ?? Le polemiche sulla giustizia, con gli aggiorname­nti in tempo reale sul coronaviru­s e l’emergenza sanitaria ?? Su Corriere.it
Le polemiche sulla giustizia, con gli aggiorname­nti in tempo reale sul coronaviru­s e l’emergenza sanitaria Su Corriere.it

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