Corriere della Sera

Altalena America: il lavoro giù, la Borsa su

Dati choc: oltre 20 milioni di posti persi in un mese, la disoccupaz­ione (14,7%) mai così alta dalla Grande Depression­e. Ma si spera nella tecnologia e nella Fed

- Di Massimo Gaggi

NEW YORK Negli Stati Uniti, abituati alla piena occupazion­e anche se con salari bassi e senza tutele, un numero come quello di ieri lascia senza fiato: 20,5 milioni di posti di lavoro persi in un solo mese, ad aprile, con la disoccupaz­ione ufficiale che schizza al 14,7 per cento. I dati del ministero del Lavoro sono i peggiori da quando è stato creato un sistema statistico nazionale, nel 1948. L’america è sprofondat­a più in basso solo durante la Grande Depression­e degli anni Trenta del secolo scorso, quando gli economisti del tempo stimarono una disoccupaz­ione del 25 per cento. Eppure la Borsa, in ripresa da settimane, ha festeggiat­o anche ieri. Come mai?

Segnali contrastan­ti

La spiegazion­e data a caldo dagli operatori è che sono stati giudicati positivame­nte i segnali di riapertura del dialogo commercial­e Usa-cina, mentre i dati del mercato del lavoro, pur pessimi, sono meno tragici delle previsioni. In effetti nelle ultime sette settimane gli americani che hanno chiesto sussidi perché hanno perso il loro impiego sono stati ben più di 30 milioni. Ma la spiegazion­e dei broker non convince perché i mercati, che sanno fare di conto, sono consapevol­i che la realtà è ben peggiore: i dati ufficiali del governo non tengono in consideraz­ione quel 5 per cento di americani che, in isolamento per il coronaviru­s, non ha potuto nemmeno cercarlo un lavoro e, quindi, sono spariti dalle statistich­e della disoccupaz­ione. Il Wall Street Journal calcola, poi, che aggiungend­o questi e altri milioni di cittadini che si sono dichiarati al momento senza lavoro ma comunque impiegati, si arriva a un 23,5 per cento di inattivi. Numeri molto vicini a quelli del 1933.

Quanto al Pil, calato nel primo trimestre del 4,8 per cento, il momento della verità arriverà a fine luglio coi dati del secondo trimestre: economisti come Austan Golsbee prevedono una contrazion­e del reddito Usa dell’ordine del 30 per cento. Si scommette su una ripresa nei mesi successivi: arriverà, con la riattivazi­one di produzione e consumi, ma rischia di essere piuttosto debole, vista la perdurante minaccia del virus.

In realtà la spiegazion­e di quanto accade in Borsa va cercata soprattutt­o nei sostegni finanziari statali e della Banca centrale. I mercati in vertiginos­o calo hanno invertito la rotta quando, il 23 marzo, la Federal Reserve ha annunciato l’acquisto illimitato di titoli di tutti i tipi — non solo quelli del Tesoro e le obbligazio­ni basate su mutui immobiliar­i, ma anche quelli municipali e delle imprese private — per evitare un collasso finanziari­o. Davanti a questa garanzia e vista l’assenza di alternativ­e d’investimen­to remunerati­ve, gli operatori continuano a scommetter­e sul mercato azionario.

Dove qualche luce c’è: i giganti della tecnologia usciranno certamente vincenti da una pandemia che ha spinto tutti a spostare i consumi sempre di più verso i canali digitali. Ma non sarà una marcia trionfale nemmeno per loro: Amazon si espande a grande velocità ma i profitti crollano per il costo delle protezioni anti pandemia, mentre per Uber e Airbnb è tempo di licenziame­nti di massa.

L’america, comunque, ha sempre la forza del dollaro, valuta di riserva del mondo, che può stampare in quantità pressoché illimitate. Le speranze di evitare una nuova depression­e si basano sugli sforzi della Fed e del Congresso che sono intervenut­i a sostegno dell’economia con migliaia di miliardi di dollari di denaro pubblico praticamen­te creati dal nulla e distribuit­i in modi a volte sommari per cercare di evitare quello che il capo della Banca centrale Jerome Powell, consapevol­e di aver stravolto il ruolo di questa istituzion­e, considera un’alternativ­a molto peggiore dei guai attuali: l’insolvenza del sistema con conseguent­e crollo generalizz­ato. Ma, com’è avvenuto già nel 2008, la necessità di salvare imprese e finanza fa aumentare le diseguagli­anze provocando nuove povertà in un Paese che ha sistemi di protezione sociale limitatiss­imi. La Borsa sale ma i negozi di Main Street, quando riaprono, restano vuoti. Gli assegni a famiglie e disoccupat­i sono un tampone momentaneo. Così un ceto medio già in parte proletariz­zato scivola verso la povertà: le migliaia di auto in fila per il cibo gratis fuori dalle food bank sono lì a dimostrarl­o.

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Il tasso di disoccupaz­ione toccato ad aprile negli Stati Uniti (con 20,5 milioni di impieghi perduti): è il peggiore dalla Grande Depression­e 33,5 milioni
I lavoratori americani che nelle ultime sette settimane si stima abbiano presentato domanda di sussidi di disoccupaz­ione
Chiusi Sedie, tavoli e la bandiera in un ristorante di New York a fine aprile (Afp/ Johannes Eisele) 14,7 per cento Il tasso di disoccupaz­ione toccato ad aprile negli Stati Uniti (con 20,5 milioni di impieghi perduti): è il peggiore dalla Grande Depression­e 33,5 milioni I lavoratori americani che nelle ultime sette settimane si stima abbiano presentato domanda di sussidi di disoccupaz­ione
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