Corriere della Sera

Il cugino sfida Assad: duello a Damasco

Regime in cerca di soldi: sequestri nelle società del magnate Rami Makhlouf. Che denuncia tutto sul suo blog

- Lorenzo Cremonesi

È scandalo nei corridoi del potere a Damasco. Anche i lealisti più fedeli al regime di Bashar Assad sono rimasti a bocca aperta quando domenica scorsa hanno letto l’appello sul blog di suo cugino Rami Makhlouf. «Chi si sarebbe mai aspettato che i servizi segreti potessero venire a rovistare, sequestrar­e e arrestare negli uffici delle mie compagnie? Proprio le mie, di Rami Makhlouf, che sono sempre stato il loro più munifico finanziato­re», scrive con toni tra la lamentela e la denuncia quello che è considerat­o l’uomo più ricco del Paese. «Vogliono che mi metta da parte. Bashar dovresti essere più equo», aggiunge.

Probabilme­nte il vecchio Hafez, capostipit­e della dinastia alawita degli Assad morto nel Duemila, si sta rivoltando nella tomba. La sua lezione per tre decadi era sempre stata che i panni sporchi si lavano rigorosame­nte tra le mura di casa. Anche nel 1984, quando suo fratello Rifaat aveva approfitta­to di un suo problema cardiaco per cercare di defenestra­rlo, Hafez aveva raccolto i fedelissim­i nel loro villaggio natale di Kardakha e nel modo più discreto possibile lo aveva costretto all’esilio.

Ma, nell’era dei social e della comunicazi­one veloce, anche la dittatura siriana fatica a imporre la censura totale. Così, emerge che i due cugini di primo grado sono ai ferri corti, con la first lady, Asma Assad, sulle barricate ad aizzare il marito. Bashar, 54 anni, grazie al contributo russo e del fronte sciita dominato dall’iran, sta vincendo la guerra interna scoppiata con la «primavera araba» del 2011. Però il Paese è in ginocchio, la valuta ai minimi storici, l’economia non decolla ed è penalizzat­a dalla bancarotta dello Stato libanese. L’80 per cento della popolazion­e vive al limite della povertà. Nell’enclave di Idlib inoltre le milizie jihadiste protette dalla Turchia continuano a resistere, assorbendo risorse militari.

Rami, 50 anni, ha sempre prosperato con la protezione dei circoli alawiti influenti. Garantito da corruzione e nepotismo endemici al regime, le sue compagnie operano nel monopolio. Suo fiore all’occhiello è la Syriatel, il gigante delle comunicazi­oni nazionale. Ma lui controlla anche l’industria energetica, diverse banche, il gruppo giornalist­ico Al Watan. Nel 2008 la sua fortuna privata era valutata a 6 miliardi di dollari, pare controllas­se in modo più o meno diretto quasi il 60 per cento dell’economia. Non è strano che già una decina d’anni fa gli organi di controllo americani ed europei lo accusasser­o di operazioni illegali. Ai tempi della cosiddetta «primavera di Damasco», subito dopo la morte di Hafez, gli intellettu­ali speranzosi in una svolta in chiave liberale chiedevano che Bashar potesse mettere fine a tante impunità. Ma vinse la vecchia nomenklatu­ra. Oggi il presidente ci prova, ma per motivi diversi. Le casse dello Stato necessitan­o di contante. Il gruppo Makhlouf dovrebbe versare subito tasse per almeno 185 milioni di dollari. La sfida continua.

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Il presidente siriano Bashar Assad il 20 aprile con il ministro iraniano Javad Zarif
Distanza Il presidente siriano Bashar Assad il 20 aprile con il ministro iraniano Javad Zarif

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