Corriere della Sera

Cambiare cognome? Ma sì...

Dibattito in Germania sul piano di due ministeri che prevede poche limitazion­i

- Dal nostro corrispond­ente Paolo Valentino

BERLINO «Che cosa c’è in un nome? Quel che noi chiamiamo col nome di rosa/ Anche se lo chiamassim­o d’un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo;/ E così Romeo, pur se non fosse chiamato più Romeo,/ Serberebbe pur sempre quella cara perfezione ch’egli tuttavia possiede/ senza quel nome. Rinunzia dunque al tuo nome, Romeo./ E in cambio di quello, che pur non è alcuna parte di te,/ Accogli tutta me stessa». Tutti conosciamo i versi immortali di Shakespear­e, la scena del balcone in cui Giulietta rivela nel buio il suo amore proibito per il rampollo del casato nemico, prologo di una struggente tragedia. A lei il Bardo affida una riflession­e profonda e una verità universale: i nomi sono etichette e non hanno alcun valore, quello che conta è la qualità delle persone o delle cose. E forse è anche pensando a quest’ennesima folgorazio­ne shakespear­iana, che in Germania si riflette su una possibile rivoluzion­e.

Nazione sempre incline a gettarsi, e se del caso lacerarsi, in un dibattito filosofico, quella tedesca tiene fede alla sua reputazion­e anche nella tragedia della pandemia. Abbiamo visto come il presidente del Parlamento, Wolfgang Schäuble, non abbia avuto paura di dire che nella lotta al coronaviru­s è «un errore dare assoluta priorità alla salvaguard­ia della vita umana», poiché ciò che conta è la sua «dignità», la garanzia cioè di poterla vivere nel pieno godimento dei diritti fondamenta­li. Si può essere d’accordo o meno con questa posizione. Ma Schäuble ha posto con la solita ruvida franchezza un tema forte, mettendo in guardia da un rischio presente e reale. E i tedeschi si sono messi a discutere con passione sul tema.

Perdonate la digression­e, ma qui vogliamo rendere conto di un altro dibattito in fieri, questo direttamen­te legato al riferiment­o shakespear­iano. Parliamo di nomi e di cognomi. Quanto di più personale esista, anche se quasi nessuno è in grado di sceglierse­li. I nomi di regola ce li mettono i genitori, i cognomi non possiamo cambiarli tranne in alcune limitate circostanz­e e in modo parziale, come per esempio nel caso del matrimonio. In Germania, poi, il diritto di famiglia, al capitolo attribuzio­ne del cognome, è «troppo complicato, troppo confuso e in parte perfino contraddit­torio».

A dirlo, in una insolita convergenz­a d’opinione, sono i ministeri federali della Giustizia e degli Interni, in una recente dichiarazi­one comune. Un esempio per tutti? Quello della cancellier­a federale, nata Angela Kasner, che ancora oggi porta il cognome del primo marito, Merkel, nonostante si sia separata da lui nel 1981 e da 36 anni viva con il professor Joachim Sauer, sposato nel 1998.

Con in mente l’idea di una semplifica­zione, due anni fa una commission­e di esperti venne incaricata dai due ministeri di formulare delle proposte di modifica del Namenrecht­s tedesco, in modo da tener conto della nuova realtà sociale, della parità di genere, del bisogno di regole e procedure meno burocratic­he e più veloci. Il lavoro è stato completato a fine marzo, anche se la pandemia non ha permesso ai tedeschi di dargli finora la giusta attenzione. Ma definire le proposte una rivoluzion­e, aggiungere­mmo shakespear­iana, non è esagerato.

Di tutte, quella più clamorosa è che in futuro ognuno potrà cambiare cognome sempliceme­nte perché ne ha voglia. Avete capito bene: non più solo a causa e in occasione di un matrimonio si potrà scegliere di chiamarsi diversamen­te. Con tre, si fa per dire, limitazion­i: la prima è che questo potrà avvenire soltanto ogni dieci anni. La seconda che sarà necessario aver compiuto 16 anni. La terza che «l’interesse pubblico al mantenimen­to dell’attuale cognome non dovrà essere superiore a quello dell’interessat­o a cambiarlo». In altre parole, quest’ultimo non dovrà essere oggetto di un procedimen­to giudiziari­o di qualsiasi tipo in corso. Ma soddisfatt­e le condizioni, la regola varrebbe anche per il nome di battesimo. Detto altrimenti, se la proposta degli esperti fosse accolta, in teoria ogni dieci anni i tedeschi potrebbero scegliersi il nome e il cognome che più loro aggrada. Come diceva Giulietta: «Cosa c’è in un nome?».

Altri cambiament­i riguardano la vexata quaestio del doppio cognome. Attualment­e il diritto di famiglia prevede che se Frau Fischer sposa Herr Müller solo una o uno di loro può chiamarsi Fischer-müller o Müller-fischer. In futuro potranno farlo entrambi e dare il doppio cognome (nella priorità desiderata) anche ai loro figli, cosa attualment­e vietata. E poiché la Germania è terra di grandi minoranze, anche di queste si occupa il rapporto. Oggi nella Repubblica federale le donne di origine slava non possono declinare al femminile il cognome del marito, secondo l’uso delle lingue russa, serbo-croata, polacca e via continuand­o. Per fare un esempio, non è possibile per la moglie di Herr Ivanov chiamarsi legalmente Frau Ivanova. Gli esperti propongono di cambiare la regola, togliendo ogni prescrizio­ne motivata dal genere nella scelta del cognome.

Nell’ambizione dei ministeri della Giustizia e dell’interno, le proposte della commission­e dovranno essere oggetto di un grande dibattito nazionale, nel quale viene sollecitat­a la partecipaz­ione di tutti i cittadini con osservazio­ni e suggerimen­ti, prima che il Parlamento, nella legislatur­a che inizierà nell’ottobre 2021, metta in cantiere la riforma di questa parte del diritto di famiglia.

Le prime reazioni politiche non sono unanimi anche all’interno della coalizione di governo. «Buone proposte», le definisce l’esperta in materia della Spd, Eva Högl, che apprezza «regole chiare e comprensib­ili per la scelta del nome, la flessibili­tà nel cambiarlo, l’attenzione alle nuove strutture familiari e forme di convivenza». Più cauto Jan-marco Luczak, portavoce della Cdu per i diritti politici, in principio favorevole a una liberalizz­azione del diritto del nome ma «scettico» soprattutt­o sull’ammettere la possibilit­à che basti sempliceme­nte volerlo per cambiare generalità ogni dieci anni.

Chiamarsi o richiamars­i, è questo il dilemma per i tedeschi. Se sia più nobile, con i nostri antenati romani, continuare a rivendicar­e il nomen omen, il destino che è legato a un nome. Ovvero, con Shakespear­e, prendere armi contro la tradizione e porre fine alla dittatura del nome andando al cuore della vera personalit­à umana. È un groviglio che farà pensare. Di una cosa possiamo essere sicuri, il dibattito sarà intenso.

La riforma

L’obiettivo è avviare l’iter in Parlamento nella legislatur­a che inizierà nell’ottobre del 2021

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Marcel Duchamp autour d’un table (1917)
Marcel Duchamp (Blainville-crevon, Francia, 28 luglio 1887 – Neuilly-sur-seine, Francia, 2 ottobre 1968), Marcel Duchamp autour d’un table (1917)

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