«Così soli», il racconto di chi ha tentato di onorare i defunti
I l concreto e l’astratto. Sul Nove è andato in onda un toccante documentario su un’impresa funebre bergamasca nei giorni neri del Covid-19, «Così soli», realizzato da Valentina Monti e Alessio Valori (ora su Dplay). «Io lavoro con la morte. È una cosa che non mi ha mai fatto paura, lo facevano i miei bisnonni, poi i miei nonni, i miei genitori e ora io. Ci chiamavano i “ciapamort”».
A parlare è Roberta Caprini, titolare di un’impresa funebre di Bergamo. Attraverso le sue parole e il suo affanno per affrontare l’emergenza e cercare di onorare i defunti separati dai loro familiari (come non ricordare i camion militari che portano via le bare in un lugubre corteo?), le immagini ci restituiscono un punto di vista inedito. Improvvisamente tutto è cambiato: il senso della morte, la percezione del tempo, i rapporti umani. La morte diventa una questione di logistica e nulla più. Parole che s’intrecciano con il racconto di chi ha perso i genitori senza poterli salutare, senza sapere se hanno sofferto, senza aver potuto offrire loro un ultimo conforto. Una figlia si dispera per non aver stretto la mano del padre in fin di vita e intanto sua madre, il volto coperto da una mascherina, annuisce quasi inebetita dal dolore. E questo è il concreto.
Il documentario dura soltanto 25 minuti. Troppo
poco per aver diritto a una collocazione autonoma. Così è stato ricoverato sotto la testata de «L’assedio» in modo tale che Daria Bignardi potesse intervistare alcuni testimoni eccellenti: Sandro Veronesi, Letizia Battaglia, Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari e l’autrice Zuzu. E questo è l’astratto. Nessun giudizio di merito: gli ospiti intervistati da remoto hanno detto cose profonde e significative ma, per forza di cose, erano un corpo estraneo al racconto: parlavano di sé, del paradosso della mancanza, di elaborazione del lutto. Come se uno spazio di ghiaccio separasse i due tronconi.