Il Quirinale: fare piena luce sul terrorismo
Il monito nel Giorno della memoria: «Verità anche su complicità e deviazioni». I 40 anni dalle stragi del 1980
ROMA «Nel tempo sono state accertate responsabilità dirette e indirette; gli autori dei delitti sono stati sottoposti a processi e condanne, ma non ovunque è stata fatta piena luce», ricorda il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel Giorno della memoria delle vittime del terrorismo, che coincide con l’anniversario dell’omicidio di Aldo Moro, assassinato dalle Brigate rosse il 9 maggio 1978. «La verità resta un diritto — ammonisce il capo dello Stato —, oltre che un dovere per le istituzioni. Terrorismo ed eversione
Via Fani I rilievi tecnici in via Fani il 16 marzo 1978 dopo il rapimento di Aldo Moro, che sarebbe stato assassinato dalle Br il 9 maggio. Nell’agguato furono uccisi i due carabinieri a bordo dell’auto del leader Dc, Domenico Ricci e Oreste Leonardi, e i tre poliziotti dell’auto di scorta: Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi sono stati battuti con gli strumenti della democrazia e della Costituzione: la ricerca della verità, dunque, deve continuare laddove persistono lacune e punti oscuri».
Quest’anno, a causa dell’emergenza coronavirus, non c’è stata l’abituale celebrazione in una sede istituzionale, ma Mattarella non ha voluto far mancare il suo messaggio per «ricordare le strategie e le trame ordite per destabilizzare l’assetto costituzionale», come pure le «complicità e deviazioni di soggetti infedeli negli apparati dello Stato, le debolezze di coloro che tardarono a prendere le distanze dalle degenerazioni ideologiche e dall’espandersi del clima di violenza».
La celebrazione sarebbe stata dedicata in particolare alle vittime del 1980, nel quarantesimo anniversario dell’anno più sanguinoso del terrorismo nostrano. Quello con il maggior numero di vittime per via della bomba alla stazione di Bologna che il 2 agosto ne uccise 85, e la strage di Ustica. Ma anche dei bersagli selezionati con cura dal terrorismo rosso e nero: i magistrati (assieme al vice-presidente del Csm Vittorio Bachelet) presi di mira da Brigate rosse e Prima linea (Nicola Giacumbi, Guido Galli e Girolamo Minervini, uccisi tra il 16 e il 19 marzo), come dai neofascisti dei Nuclei armati rivoluzionari (Mario Amato, il 23 giugno). E il lungo rosario delle forze dell’ordine: dai poliziotti Antonio Cestari, Michele Tatulli e Rocco Santoro, uccisi l’8 gennaio, al generale dei carabinieri Enrico Galvaligi, ammazzato il 31 dicembre (tutti dalle Br), passando per gli agenti, assassinati dai Nar, Maurizio Arnesano e Francesco Evangelista; quest’ultimo lo stesso giorno del giornalista del Corriere Walter Tobagi, abbattuto il 28 maggio dalla Brigata 28 marzo.