Corriere della Sera

Fondi, lobby, politica: chi comanda all’oms

I FINANZIAME­NTI DI PRIVATI SONO 4,6 MILIARDI SU UN BUDGET DI 5,6 IL RUOLO DI PECHINO NELL’ELEZIONE DEL DIRETTORE GHEBREYESU­S FRA CRISI DEL COVID-19 E SCENARI FUTURI DELLA SALUTE MONDIALE

- Di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

Quando si chiuderà questa drammatica pandemia l’oms dovrà rispondere del ritardo con cui è stata comunicata. Solo un’inchiesta internazio­nale indipenden­te potrà chiarire se l’organizzaz­ione istituita dall’onu nel 1948 con funzione di vigilanza sanitaria mondiale, ha commesso errori. Oggi sta supervisio­nando altre 35 operazioni di emergenza (dal focolaio di morbillo in Congo, a quello di colera nello Yemen) e coordinand­o gli interventi contro tubercolos­i, diabete, poliomieli­te e malattie tropicali. È finanziata dai 194 Paesi membri con contributi fissi in base al Pil, congelati dal 1987, e da contributi volontari. Questi ultimi sono la parte più consistent­e e provengono anche da una moltitudin­e di soggetti privati, parliamo di 4,6 miliardi su un budget complessiv­o di 5,6. Il primo contribuen­te sono Gli Stati Uniti che versano in totale 893 milioni di dollari. Al secondo posto troviamo Bill e Melinda Gates, al terzo il Regno Unito, al quarto Gavi Alliance (di Bill Gates), poi il Rotary Club, il National Philantrop­ic Trust, la Cina è al 14° posto con 85,8 milioni. Di fatto l’oms gestisce solo il 20% del suo budget, perché il resto sono progetti specifici decisi dai privati, non tutti trasparent­i.

Chi decide

Chi comanda e decide è il Direttore generale, che da statuto «non deve domandare né ricevere istruzioni da nessun governo o autorità straniera». Nel 2017, per la prima volta nella storia dell’oms, a sceglierlo sono i rappresent­anti di tutti i 194 Paesi, e per la prima volta votano un africano: Tedros Adhanom Ghebreyesu­s, ex ministro della Sanità e degli esteri dell’etiopia. Accusato da quasi tutti i Paesi e organi di stampa di essere venuto meno al suo dovere primario: la tempestivi­tà nell’informare il mondo sulla pandemia in arrivo. Ecco com’è andata.

Gli elogi alla Cina

Il primo ricovero all’ospedale di Wuhan di un malato di Covid-19 è dell’8 dicembre, ma i funzionari cinesi riferiscon­o all’oms di casi atipici di polmonite il 31 dicembre 2019. Solo il 30 gennaio, quando i contagi hanno infettato 18 Paesi, il Direttore generale dichiara l’«emergenza sanitaria internazio­nale». Nella stessa conferenza stampa elogia la Cina: «La velocità con cui ha rilevato l’epidemia, isolato il virus, sequenziat­o il genoma e condiviso con l’oms e il mondo è impression­ante. La Cina sta definendo un nuovo standard per la risposta alle epidemie. Non è un’esagerazio­ne». In realtà la Cina ha ridimensio­nato la portata dell’allarme. Secondo il Lancet, al 20 febbraio sarebbero stati 232 mila i contagiati in Cina, contro i 55.508 segnalati, e solo il primo aprile Pechino riconosce il ruolo degli asintomati­ci. Ancora il 26 febbraio l’oms è prudente: «Non dovremmo essere troppo impazienti a dichiarare pandemia, senza un’attenta analisi dei fatti». E sconsiglia restrizion­i al traffico aereo verso la Cina. Solo l’11 marzo, quando il numero dei contagi si è allargato a 114 Paesi, e 4.291 persone hanno perso la vita, arriva l’annuncio: «Abbiamo valutato che Covid-19 può essere definito come pandemia». La prima indicazion­e chiara su cosa fare arriva il 16 marzo: «Testare ogni caso sospetto, se positivo isolarlo, tracciare i contatti nei due giorni precedenti ai sintomi e testare anche loro». Una strada già indicata con successo dalla Corea del Sud. Sull’utilizzo di mascherine da parte della popolazion­e, il 30 gennaio ne sconsiglia l’uso. Anche il 6 aprile, quando ormai le evidenze scientific­he mostrano l’efficacia delle mascherine chirurgich­e, dichiara che dovrebbero essere riservate al personale sanitario. Ma quale interesse aveva Tedros a tentennare, in un momento in cui l’oms ha bisogno disperato di fondi?

Chi è Tedros

È stato un eccellente ministro della Sanità in Etiopia, e le sue riforme hanno diminuito la mortalità infantile. Tuttavia sul suo mandato grava l’accusa, sempre respinta, di aver insabbiato 3 epidemie di colera, declassand­ole a diarrea. Dal 2012 al 2016, mentre è ministro degli Affari esteri gli investimen­ti della Cina in Etiopia accelerano. A fine mandato si candida alla guida dell’oms, e l’attività di lobby cinese in suo sostegno dura due anni. Uno

dei suoi primi atti da Direttore generale è quello di nominare ambasciato­re di buona volontà Mugabe, 93 anni, ex dittatore dello Zimbabwe, alleato storico della Cina. Nei suoi 37 anni di malgoverno il Paese è diventato un caso di disperata corruzione, miseria diffusa e violazione dei diritti umani su larga scala. Solo la levata di scudi interna costringe Tedros a ritirare la nomina.

I rapporti Cina-etiopia

La Cina è il più grande partner commercial­e dell’etiopia: finanzia infrastrut­ture ferroviari­e, telecomuni­cazioni, autostrade, centrali idroelettr­iche. La precondizi­one è l’affido esclusivo di appalti ad aziende cinesi. Nel 2016 inaugura il gigantesco parco industrial­e di Hawassa, dove disloca la sua manifattur­a (costa meno che in Bangladesh). Ad oggi gli investimen­ti ammontano a 24,5 miliardi dollari (fonte Aei). Di fatto l’etiopia è l’hub della Cina per la sua strategia di lungo periodo nell’approvvigi­onamento delle materie prime che stanno nel resto del continente africano, perché è nella capitale Addis Abeba che si incontrano i governi. C’è la sede dell’unione Africana: un palazzo di 20 piani donato dalla Cina nel 2012. C’è la sede della Commission­e Economica per l’africa dell’onu. In sostanza fa quello che l’europa ha fatto per 200 anni, senza però rompere le scatole sui diritti umani. E l’etiopia ricambia:

è stato il primo Paese africano a opporsi alla proposta Onu di sanzioni alla Cina per la violazione dei diritti umani in Tibet.

Dal 5G ai farmaci contraffat­ti

Ogni Paese gioca la propria partita. Oggi sul tavolo dell’oms ci sono le questioni del secolo: la valutazion­e sulla sicurezza del 5G, e la lotta contro la contraffaz­ione dei farmaci (il 7% del totale), molto avversata dai Paesi asiatici. Si stima che il valore globale sfiori nel 2020 i 1.000 miliardi di dollari. Metà della contraffaz­ione è cinese. E poi c’è il vaccino contro il Covid-19. Quando ci sarà, l’oms dovrebbe avere voce in capitolo affinché sia reso accessibil­e a tutti. Ma ci sarà da lottare. E proprio nel mezzo della pandemia il presidente Trump, che dal 2017 non ha nemmeno nominato il membro Usa nell’executive board, decide di sospendere i finanziame­nti all’oms, e lavora alla costruzion­e di organizzaz­ioni alternativ­e. Quindi della prossima epidemia se ne occuperann­o i marines? O Bill Gates? Nulla è più geopolitic­o della salute.

La fabbrica del mondo a basso costo

Usa, Europa e Giappone si sono da tempo allontanat­i dai principi che hanno ispirato la cooperazio­ne tra i popoli, trovando maggiori benefici nei trattati dell’organizzaz­ione mondiale del commercio, che ha prodotto enormi ricchezze per pochi, ma ha regole cogenti: se violo una postilla del Wto pago penali miliardari­e, se me ne vado dall’accordo di Parigi sul clima non succede nulla. Abbiamo voluto che la Cina diventasse la fabbrica del mondo a basso costo, poi esplode un virus a Wuhan, io mi ammalo a Milano o a New York, e non ho la mascherina perché la fabbricano a Wuhan. Il virus ha svelato l’effetto di una interconne­ssione inestricab­ile. Vanno rimesse in discussion­e le cause. Per far fronte alle minacce che incombono sulle nostre vite, occorre costruire un nuovo multilater­alismo insieme ai 5 Continenti per uno sviluppo sostenibil­e. E l’unico modo per mettersi d’accordo è la sopravvive­nza dell’umanità.

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