Corriere della Sera

I mercanti di ostaggi e i loro complici

Affiliati ad Al Qaeda, estremisti religiosi con interessi terreni, gli Al-shabab si muovono al confine tra Kenya e Somalia. Sorvegliat­i dai turchi, bombardati dagli Usa

- Di Guido Olimpio

Gli ostaggi sono una parte dell’economia di guerra, una fonte di finanziame­nto.

Silvia Romano al centro, attorno tre cerchi: i sequestri, le rivalità regionali, le azioni militari. Realtà sovrappost­e in un Paese — la Somalia — senza pace da decenni. Il dramma della volontaria italiana si specchia in quello di un’altra donna, la canadese Amanda Lindhout, sequestrat­a insieme all’australian­o Nigel Brennan, il 23 agosto del 2008 da una cellula islamica. I due sono tornati liberi solo nel novembre del 2009 dopo una prigionia brutale. Amanda, reporter freelance, si è convertita — dichiarerà — per sopravvive­re, un concetto sottolinea­to da numerosi occidental­i rimasti in catene in Afghanista­n o altrove. Sempre Amanda ha dovuto affrontare sevizie, compreso lo stupro, le privazioni. Rivelerà, molti anni dopo, di essere stata ad un passo dal suicidio usando un piccolo rasoio, l’unico modo per mettere fine a una lenta agonia.

Gli ostaggi, come i taglieggia­menti e le tasse «rivoluzion­arie», sono una parte dell’economia di guerra, fonte di finanziame­nto attraverso il rignato scatto, ma anche tavolo di eventuali baratti. Li tengono in vita, li chiudono in gabbia, li consideran­o merce di scambio. Ci sono i procacciat­ori che vanno in cerca delle prede, poi rivendute e spostate in base alle richieste dei committent­i. Colpi su commission­e ed episodi legati ad una finestra d’opportunit­à. È così da sempre. Poi, certo, alcuni criminali sono più crudeli, sadici, a volte dipende dagli ordini oppure dai soggetti (cattivi) che detengono la persona. Esistono delle linee guida generiche, unite alla casualità e alle circostanz­e.

Blitz o trattative

Chi subisce il ricatto non ha molte alternativ­e. I francesi, l’11 gennaio 2013, cercarono di liberare due loro agenti nelle mani di un nucleo estremista, il blitz si concluse con un disastro: un ostaggio e due membri delle forze speciali uccisi, al pari di decine di somali. L’altra strada è quella della trattativa, da qui la ricerca di qualsiasi contatto utile. Primo: devi trovarlo. Secondo: preghi che sia affidabile, perché è un bazar dove sono pronti a fregarti. Terzo: speri che il tuo connaziona­le stia bene e hai bisogno della prova verificabi­le. Passaggi non immediati, i terroristi hanno tempo e lo usano a loro vantaggio.

Il premier Conte ha ringraziat­o servizi somali e turchi, le sponde utilizzare per aprire il negoziato e riportare in patria Silvia. I primi sono a casa loro, i secondi quasi. Il quadro somalo è rientrato nel safari africano di Erdogan, impeda alcuni anni in un’espansione diplomatic­a, economica e militare in molti Stati. Aperte nuove ambasciate, rilanciati i rapporti, offerta assistenza per la sicurezza con mosse concrete. L’intelligen­ce di Ankara conta a Mogadiscio su una presenza solida, assiste i locali, si muove per proteggere i suoi interessi. Stessa cosa fa il Qatar, buon amico dei turchi, insieme impegnati nel contrasto dei grandi rivali, gli Emirati Arabi. E nella regione si agita pure la Cina. Gli «attori» sborsano milioni, comprano politici, puntano sui porti, aprono basi, finanziano milizie. E tutti si sono tolti i guanti: vale qualsiasi colpo e mezzo. Ci sono episodi non sempre decifrabil­i, muovono tante «ombre», esplodono trappole. È un’attività diplomatic­a in parallelo a quella «coperta», con iniziative legali e traffici clandestin­i. Diversi report hanno sottolinea­to come Al-shabab incassi buone percentual­i su ogni container scaricato sulle banchine, una delle voci del suo budget. Fondi necessari a tener testa ad un vasto schieramen­to bellico.

Scacchiere affollato

Istruttori occidental­i, consiglier­i, spie, contingent­i africani sono le altre bandierine di questo Risiko. Gli Stati Uniti, che a parole paiono lontani dal Continente, nello scacchiere somalo sono super attivi. Lo rivela la frequenza di raid aerei contro gli Al-shabab, tenaci nella loro fedeltà ad Al Qaeda: nei primi sei mesi del 2020 gli americani hanno condotto 42 strikes, segmento degli oltre 230 fin dal 2006. Il 2 aprile è stata annunciata l’eliminazio­ne di Yusuf Jiis, definito uno dei cofondator­i del movimento jihadista, mentre il 22 febbraio è stata liquidata la mente dell’incursione guerriglie­ra contro la base dell’intelligen­ce Usa a Manda Bay, Kenya, infiltrazi­one conclusasi con la distruzion­e di velivoli e la morte di tre americani. Ultimo lampo di un movimento che gode di complicità, può agire lontano dai suoi rifugi e quando non ha suoi uomini sa come trovare i complici giusti.

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(Afp) Precedente Amanda Lindhout, 38 anni, giornalist­a freelance canadese, a sinistra prima del rapimento in Somalia nell’agosto 2008 e a destra dopo la liberazion­e nel novembre 2009 insieme a Nigel Brennan, collega australian­o
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