Corriere della Sera

Salvini: il Mes? Un rischio per il Paese Ma tra i suoi governator­i c’è cautela

Il leader della Lega: «Noi non dobbiamo chiedere un aiutino»

- Marco Cremonesi

Il Mes? «Un rischio per i nostri figli». Matteo Salvini non cambia idea, nemmeno nel caso di un Mes più leggero. Ospite di Lucia Annunziata a Mezz’ora in più, il segretario leghista resta convinto che il Meccanismo europeo di stabilità sia un’ipoteca sul futuro e apra la strada a scenari greci: «Il Mes è un trattato che prevede condizioni, sono soldi in prestito. Se uno non riesce ad adempiere, poi arriva la Troika». L’alternativ­a resta per Salvini quella di cui ha tante volte parlato, una forma di quantitati­ve easing che lui chiama i «Buoni del tesoro esentasse». Spiega il segretario leghista: «Il Mes sono 37 miliardi. La Bce potrebbe garantire l’acquisto di titoli italiani per un ammontare quattro volte superiore, ma senza nessun tipo di condiziona­lità o di rischio».

Il punto è che «noi non dobbiamo chiedere un aiutino come ultimi della classe perché gli italiani hanno versato 140 miliardi, non abbiamo bisogno dell’aiutino da spreconi, chiediamo di avere quello che ci spetta, senza condizioni». In caso contrario, «dal 2022 l’italia rischia di essere la sorvegliat­a speciale, e qualcuno potrebbe imporre la patrimonia­le».

Dalla maggioranz­a s’incarica della risposta il presidente dei senatori del Partito democratic­o, Andrea Marcucci: «Senso dello Stato e interesse nazionale ci portano naturalmen­te a dire sì al Mes per la nostra sanità. Savini e i sovranisti, che si oppongono, fanno una battaglia ideologica contro l’europa, che non fa certo bene all’italia».

Eppure, a dispetto della contrariet­à anche ieri ribadita, sembra che il leader leghista si sia reso conto che la battaglia contro il Mes non paghi. In fondo, nemmeno con i suoi elettori che, come spiega un salviniano, «si attendono cospicue iniezioni di denaro senza guardare troppo per il sottile». Gli stessi governator­i leghisti, Attilio Fontana e Massimilia­no Fedriga, adottano tutte le cautele del caso, precisano che «bisogna vedere le condizioni», ma non sembrano pronti alle barricate. Allo stesso modo, il segretario leghista non sembra più contare sul ruolo di guastatore di Matteo Renzi in vista magari di un governo di salute nazionale con dentro tutti i partiti: «L’unica scelta dopo questo governo — dice — è dare la fiducia agli italiani. Non penso ad altre soluzioni, esce Renzi ed entra tizio: o c’è un governo in grado di governare o si dà fiducia agli italiani. Ma se c’è un ministro dimissiona­rio ogni settimana, non vedo altri giochini di palazzo possibili».

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