Corriere della Sera

Mascherine, duello Arcuri-regioni Il prezzo calmierato resta un rebus

In arrivo l’accordo con i tabaccai per la distribuzi­one Manca il materiale per produrre i presidi chirurgici La proposta alternativ­a del Politecnic­o di Torino

- Lorenzo Salvia

Sono tanti i punti di vista possibili per capire come la fase 2 continui a zoppicare. Uno dei migliori, però, resta quello delle mascherine. Spesso introvabil­i. Oppure trovabili ma a un prezzo più alto di quello fissato contro le speculazio­ni. Prezzo che sarebbe di 50 centesimi ma per ora resta a 61. E questo perché si applica ancora l’iva che il governo vuole abolire, solo che il decreto ancora non c’è.

Il commissari­o straordina­rio, Domenico Arcuri, respinge gli attacchi: «Nelle ultime settimane abbiamo distribuit­o 36,2 milioni di mascherine, dall’inizio dell’emergenza sono 208,8 milioni. Le Regioni nei loro magazzini ne hanno 55 milioni». Poco dopo lo stesso Arcuri precisa che «non c’è alcuna polemica, quel dato sulle mascherine a disposizio­ne delle Regioni è la testimonia­nza del lavoro congiunto fatto nell’interesse dei cittadini». Ma il tema è sensibile, il clima non proprio sereno. Anche perché 55 milioni di pezzi sono tanti solo a prima vista. Secondo il Politecnic­o di Torino ne consumiamo 60 milioni al giorno, 35 solo per i lavoratori.

Resta il fatto che il commissari­o deve rifornire ospedali, residenze sanitarie e servizi essenziali. Il resto è mercato, anche se a prezzo calmierato. Come per i 19,5 milioni di pezzi venduti da inizio maggio nella grande distribuzi­one. Mascherine comprate a un prezzo massimo di 45 centesimi, quindi compatibil­e con quello fissato da Arcuri che in ogni caso, dice, «resta quello, gli speculator­i si rassegnino».

Al di là delle baruffe quotidiane, i problemi sono due. Il primo è la distribuzi­one. Per questo il commissari­o dovrebbe firmare a breve un accordo con i tabaccai, che hanno una capillare rete di vendita, visto che coprono 7.400 Comuni su 7.900. Mentre con le farmacie si va verso un nuovo accordo, che a differenza del primo, avrà tempi, procedure e responsabi­lità più definite. Il secondo problema è la produzione. L’italia sforna una quantità limitata di melt blown, il tessuto utilizzato per le mascherine chirurgich­e. È stata riconverti­ta qualche fabbrica che prima produceva filtri per auto, ma non basta. Da qui l’idea alla quale stanno lavorando il Politecnic­o di Torino e l’uni, l’ente italiano di normazione, insieme a Inail e Confindust­ria dispositiv­i. Si tratta delle cosiddette mascherine di comunità, leggerment­e meno protettive di quelle chirurgich­e ma più facili da produrre. «L’idea — spiega Guido Saracco, rettore del Politecnic­o — è utilizzare materiali diversi, i cosiddetti wet laid, un misto di cellulosa e fibre polimerich­e». La produzione non sarebbe un problema. Aiuterà a chiudere la guerra delle mascherine?

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy