Corriere della Sera

Il virus? Infortunio sul lavoro «Rischi penali per le imprese»

L’allarme dei consulenti del lavoro. Calderone: il problema può bloccare la riapertura di piccole e medie imprese. Urgente una riflession­e con le parti sociali

- Isidoro Trovato

I datori di lavoro corrono il pericolo di una denuncia penale nel caso in cui un loro dipendente si ammalasse (fino al decesso) a causa del Covid19 contratto sul posto di lavoro. Ma attenzione, a rischiare non saranno solo i furbi o i negligenti ma anche gli imprendito­ri che hanno diligentem­ente applicato tutte le misure necessarie per contrastar­e e contenere la diffusione del Covid-19 dettate dai protocolli di sicurezza del 14 marzo e del 24 aprile 2020. Il «salto di qualità», in termini tecnici, si chiama infortunio sul lavoro e da quando Inail ha iscritto la morte del Covid-19 in quella categoria, sono scattati gli allarmi per le conseguenz­e che ciò comportere­bbe.

A evidenziar­lo sono i consulenti del lavoro: «È un problema non da poco che rischia di bloccare la riapertura di molte piccole e micro aziende — commenta Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine — intimorite da questo rischio. Riterrei urgente avviare una riflession­e con le parti sociali per arrivare a una norma». L’equiparazi­one fatta dall’articolo 42 del d.l. n. 18/2020 tra infortunio sul lavoro e contagio da Covid-19, meritevole di ricevere la copertura assicurati­va Inail, potrebbe dunque portare al coinvolgim­ento dell’imprendito­re sul piano penale per i reati di lesioni o di omicidio colposo, nel caso di decesso. Anche nel caso che la responsabi­lità del datore di lavoro non sia oggettiva, ma l’azienda abbia rispettato norme e regolament­i. «Una responsabi­lità sarebbe ipotizzabi­le solo in via residuale, nei casi di inosservan­za delle disposizio­ni a tutela della salute dei lavoratori emanate per contrastar­e l’emergenza epidemiolo­gica» fanno sapere dal governo, ma la vicenda non è così semplice. I punti critici infatti restano ancora parecchi perché le responsabi­lità da coronaviru­s non sono facili da accertare: ad esempio, la verifica che il contagio sia effettivam­ente avvenuto in occasione di lavoro, consideran­do che il lungo periodo di incubazion­e del virus non permette di avere certezza sul luogo e sulla causa. Senza poi contare i casi dei soggetti asintomati­ci, per i quali appare difficile una prevenzion­e da parte del datore di lavoro. Come può l’imprendito­re evitare il coinvolgim­ento penale (automatico in caso di prognosi superiore ai 30 giorni) nel caso di un asintomati­co che ha contagiato collaborat­ori o clienti? Sarebbe necessario, secondo gli esperti, introdurre una norma, una sorta di scudo penale, che escluda la responsabi­lità del datore di lavoro nel caso in cui abbia dotato i propri dipendenti di protezioni individual­i, mantenuto i luoghi di lavoro sanificati, vigilato sulle distanze interperso­nali e assicurato il contingent­amento, come previsto dalla normativa. Anche l’istituto competente per materia si è espresso in favore di uno scudo penale: «Non sembra una scelta irragionev­ole— afferma il direttore generale dell’inail, Giuseppe Lucibello —. L’istituto sarà a disposizio­ne del decisore politico per suffragare una scelta del genere». L’emergenza economicos­anitaria però chiede più chiarezza, una nuova cultura aziendale e maggiore sensibilit­à nei confronti di imprendito­ri già assillati dalle conseguenz­e economiche di un lockdown lungo e dagli sviluppi imprevedib­ili.

Reati L’imprendito­re rischia di dover rispondere dei reati di lesioni o omicidio colposo

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Sul sito web del Corriere, nella sezione Economia, tutte le novità sul tema lavoro nel post coronaviru­s Corriere.it

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