«Cattolici e laici, insieme per la casa comune»
Secondo Sandro Veronesi, dentro il dramma che ci ha investito, sembra che i cattolici abbiano dato prova di rispondere meglio dei laici. Per un verso, non sorprende che chi attinge a motivazioni trascendenti e a un ricco retroterra sociale possa mettere in campo risorse meno inadeguate a fronteggiare la prova. Essendomi formato e tuttora riconoscendomi in quel «mondo» potrei anche compiacermene. Tuttavia con qualche distinguo. Primo: quei due mondi (laico e cattolico) sono sempre meno tra loro separati, si intrecciano profondamente. Secondo: essi sono a loro volta decisamente disomogenei al loro interno, attraversati da profonde differenze. Terzo: se, come sembra suggerire Veronesi, il campo cattolico corrisponde a quello del solidarismo sociale e del soccorso ai soggetti più deboli e il mondo laico a quello della cultura, dell’economia e della politica - un dualismo forzato anche solo ai fini descrittivi - ciò rappresenterebbe uno smacco anche per il mondo cattolico il cui positivo protagonismo non può essere confinato (ancorché apprezzato) in una sfera separata dalle sedi nelle quali si decidono le sorti complessive della società e le sue linee evolutive. La natura incarnazionista della loro religione dovrebbe condurre i cristiani a operare per la vita del mondo, per la buona qualità etica della città dell’uomo, plasmando le sue strutture portanti. Dunque, esattamente la cultura, l’economia, la politica. Laicamente, la casa comune.