Svolta Ferrari Ciao Vettel
Maranello non rinnova il contratto Seb: «Per dare il massimo serve sintonia» Al suo posto arriverà lo spagnolo Sainz La scelta di puntare tutto su Leclerc
l’inconfondibile Dal «Grazie ragazzi» accento tedesco, con ai successi festeggiati cantando Toto Cutugno, al divorzio a distanza. C’eravamo tanto amati, forse. I rapporti fra la Ferrari e Sebastian Vettel erano incrinati da un po’, nelle ultime settimane hanno toccato i minimi storici. E ieri è arrivata la parola fine dopo 101 Gp, 14 vittorie (terzo miglior pilota del Cavallino dopo Lauda e Schumacher), due secondi posti nel Mondiale e ancora una stagione di coabitazione forzata. La più difficile di tutte, ammesso che il campionato parta davvero in Austria il 5 luglio.
Restano bei ricordi ma anche un profondo senso di incompiuto. Vettel, arrivato alla fine del terribile 2014, l’anno delle uscite di Montezemolo, Domenicali e Mattiacci, per imitare il non percorso è mai stato di Schumacher, all’altezza del suo idolo nonostante il curriculum: quattro titoli di fila con la Red Bull. Ha alternato magie a errori grossolani, gli sono mancati lucidità, costanza e quei guizzi del suo periodo pre-ferrarista. Dall’altra parte la Ferrari degli ultimi anni, segnata da instabilità e continui cambi di timone, non è mai riuscita a costruire una squadra al livello della Mercedes. Per organizzazione ed efficienza, non solo per le qualità della macchina, che nel biennio 2017-2018 forse avrebbe potuto lottare fino all’ultimo per il titolo contro Hamilton senza i tanti sbagli, pesanti quelli del tedesco.
Ha influito il passato sulla scelta della Ferrari di congedare Sebastian, ma soprattutto il presente. Nel comunicato d’addio si parla di una separazione consensuale, in un passaggio Vettel sottolinea la mancanza «di volontà comune» per andare avanti: «Bisogna essere in perfetta sintonia per ottenere il massimo».
In realtà dietro all’addio ci sarebbero state frizioni e di
vergenze tali da non arrivare neanche a formulare un’offerta di prolungamento del contratto. Questo spiegherebbe perché la decisione sia stata presa così presto, con un campionato ancora da disputare. Si racconta di una discussione ai «massimi livelli», di un John Elkann innervosito da alcune posizioni rigide del suo pilota su questioni contrattuali riguardanti l’attuale stagione. Tanto che alla fine sarebbe partito proprio da lui l’ordine di rompere.
Ma in fondo tutte le storie d’amore finite sono condite da pettegolezzi. Quel che è certo è che Sebastian abbia patito l’arrivo di Leclerc e il modo in cui il monegasco abbia conquistato squadra e tifosi. Seb ha un carattere orgoglioso, la scelta della Ferrari di puntare tutto sul giovane Cavallino ha capovolto la sua dimensione. Adesso potrà decidere se trasferirsi in scuderie di seconda fascia: Renault e Racing Point sembrano interessate, meno la Mercedes nonostante le parole di Wolff — «Lo teniamo in considerazione» —, alle battute finali per il rinnovo di Hamilton (biennale), con il giovane George Russell da sistemare e un Valtteri Bottas da confermare.
A Maranello invece accoglieranno Carlos Sainz junior, venticinque anni, figlio del due volte campione del mondo di rally che a gennaio, a 57 anni, ha conquistato la Dakar. Carlitos, gran lavoratore, ragazzo umile che ha sempre avuto compagni tostissimi e li ha affrontati senza sfigurare: Verstappen all’esordio in Toro Rosso, Hulkenberg in Renault e Norris in Mclaren. Un podio solo in carriera per sostituire quattro titoli del mondo. Sembra un’eresia. Ma forse no.