Il libro di papa Wojtyla «Ho visto il Male e non posso dimenticare»
Giovanni Paolo II, il libro «Memoria e identità» nel centenario della nascita «La reale dimensione degli avvenimenti europei non fu percepita da tutti Ma io sapevo che la Divina Provvidenza avrebbe messo fine a tutto ciò» Le riflessioni di Wojtyla sugli
In occasione del centenario della nascita di Giovanni Paolo II il «Corriere della Sera» pubblica in collaborazione con Rizzoli il suo testo «Memoria e identità». Oltre all’introduzione di Joseph Ratzinger, la nuova edizione è arricchita da una prefazione inedita di Andrea Riccardi. Qui pubblichiamo un brano dal capitolo «Il limite imposto al male nella storia dell’europa».
Mi è stato dato di fare esperienza personale delle «ideologie del male». È qualcosa che resta incancellabile nella mia memoria. Prima ci fu il nazismo. Quello che in quegli anni si poté vedere era già cosa terribile. Ma molti aspetti del nazismo, in quella fase, di fatto rimasero nascosti. La reale dimensione del male che imperversava in Europa non fu percepita da tutti, neppure da quelli tra noi che stavano al centro stesso di quel vortice. Vivevamo sprofondati in una grande eruzione di male e soltanto gradualmente cominciammo a renderci conto della sua reale entità. I responsabili facevano infatti molti sforzi per nascondere i propri misfatti agli occhi del mondo. Sia i nazisti durante la guerra che, più tardi, nell’est dell’europa i comunisti, cercavano di occultare all’opinione pubblica ciò che facevano. Per lungo tempo l’occidente non volle credere allo sterminio degli Ebrei. Solo in seguito questo venne pienamente alla luce. Neppure in Polonia si sapeva tutto su quanto i nazisti avevano fatto e facevano ai Polacchi, né su quanto i Sovietici avevano fatto agli ufficiali polacchi a Katyn, e le stesse vicende tristissime delle deportazioni erano conosciute solo in parte.
Più tardi, ormai a guerra finita, pensavo tra me: il Signore Dio ha concesso al nazismo dodici anni di esistenza e dopo dodici anni quel sistema è crollato. Si vede che quello era il limite imposto dalla Divina Provvidenza ad una simile follia. In verità, non era stata soltanto una follia — era stata una «bestialità», come scrisse Konstanty Michalski. Ma di fatto la Divina Provvidenza concesse solo quei dodici anni allo scatenarsi di quel furore bestiale. Se il comunismo è sopravvissuto più a lungo e se ha ancora dinanzi a sé, pensavo allora tra me, una prospettiva di ulteriore sviluppo, deve esserci un senso in tutto questo.
Nel 1945, al termine della guerra, il comunismo appariva molto solido e molto pericoloso — decisamente più che nel 1920. Già allora si era avuta la netta sensazione che i comunisti avrebbero conquistato la Polonia e si sarebbero spinti oltre, nell’europa occidentale, proiettandosi alla conquista del mondo. In realtà, non si giunse a tanto. «Il miracolo sulla Vistola», cioè il trionfo di Pilsudski nella battaglia contro l’armata Rossa, ridimensionò le pretese sovietiche. Ma dopo la vittoria sul nazismo nella Seconda guerra mondiale i comunisti si sentirono rinfrancati e si accinsero con sfrontatezza ad impadronirsi del mondo o almeno dell’europa. All’inizio ciò portò alla ripartizione del continente in sfere di influenza, secondo l’accordo raggiunto nella Conferenza di Jalta del febbraio 1945. Tale accordo fu solo apparentemente rispettato dai comunisti, che di fatto lo violarono in vari modi, innanzitutto con l’invasione ideologica e la propaganda politica non soltanto in Europa, ma anche nelle altre parti del mondo. Per me, allora, fu subito chiaro che il loro dominio sarebbe durato per un tempo molto più lungo di quello nazista. Quanto lungo? Era difficile prevederlo. Ciò che veniva fatto di pensare era che quel male fosse in qualche modo necessario al mondo e all’uomo. Succede, infatti, che in certe concrete situazioni
Per lungo tempo non si volle credere allo sterminio degli Ebrei
dell’esistenza umana il male si riveli in qualche misura utile, in quanto crea occasioni per il bene. Non ha forse Johann Wolfgang von Goethe qualificato il diavolo come «ein Teil von jener Kraft, / die stets das Böse will und stets das Gute schafft – una parte di quella forza, / che vuole sempre il male e opera sempre il bene»? San Paolo, per parte sua, ammonisce a questo proposito: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (Rm 12,21). In definitiva si arriva così, sotto lo stimolo del male, a porre in essere un bene più grande.
Tratto da Memoria e identità, Rizzoli © 2005 Libreria Editrice Vaticana