Apollo, la peste I moniti ignorati delle epidemie
Omero, Camus, fino ai flagelli moderni: Aids e Ebola Il passato indica che dobbiamo imparare ad agire in fretta sulla base di informazioni e modelli imperfetti
Da Apollo alla peste nera. Tutto quello che le epidemie del passato non ci hanno insegnato.
Snow convinse le autorità riluttanti a farlo) e puoi porre fine all’epidemia. È una grande metafora che ha funzionato per il colera, ma non per Covid-19.
Cosa dire de «La peste» di Albert Camus, il grande romanzo che racconta dell’epidemia che uccise migliaia di abitanti e paralizzò la vita civica della città algerina di Orano. Uno dei principali eroi del libro, il dottor Rieux, cerca di convincere le autorità che questa malattia deve essere presa sul serio, che non è un affare come al solito, ma senza risultati.
Uno dei temi ricorrenti delle «Storie di Epidemie» è che non impariamo mai, non affrontiamo mai efficacemente la malattia epidemica fino a quando non ci travolge. L’epidemia di Aids, naturalmente, ha sviluppato una sua vasta letteratura, con opere teatrali come «Angels in America» di Tony Kushner e il film «Philadelphia» che valse il premio Oscar a Tom Hanks. L’aids è stata un’epidemia al rallentatore e la vediamo in un modo diverso rispetto a un focolaio acuto come il Covid-19. Nel 2012 David Quammen raccontava in «Spillover: Animal Infections
and the Next Human Pandemic» di come una zoonosi originata in un wet market cinese potesse dare origine ad una pandemia.
La prima pandemia che ho vissuto risale al 2003: era la Sars (Severe acute respiratory syndrome). La causa era un nuovo coronavirus (Sarscov). Il primo focolaio si era sviluppato tra il novembre 2002 ed il gennaio 2003 a Guangzhou, in Cina. Nel settembre 2012 l’oms riportava i primi casi di polmonite causati dalla nuova sindrome respiratoria associata a un coronavirus (Mers-cov). Il Sarscov2 (responsabile dell’attuale pandemia Covid-19) presenta molte analogie con i suoi «cugini», tutti di origine animale. Siamo stati ingannati da Sars, Mers ed Ebola nel pensare che queste malattie infettive appartenessero essenzialmente ad altri luoghi, come se, in qualche modo, fossimo protetti dalla distanza e dal nostro modo di vivere. Ci sono molti virus animali che attendono pazientemente il loro turno per «contaminare» la specie umana.
Ciò che mi colpisce come oncologo, medico abituato a trattare malattie che si sviluppano negli anni o nei decenni, è l’importanza della tempestività con cui si deve reagire ad una epidemia. Se troppo presto le conseguenze economiche sono devastanti. Se troppo tardi ti ritrovi con gli scenari della Lombardia o di New York City nel 2020. Dobbiamo imparare ad agire con tempestività, sulla base di informazioni incomplete e modelli imperfetti.
Navigando su Pubmed (il motore di ricerca della scienza) e digitando la parola Covid-19, scopro che negli ultimi tre mesi la ricerca biomedica ha prodotto 13.400 lavori scientifici. Penso che sia straordinario come medici e ricercatori di tutto il mondo abbiamo reagito all’emergenza dando prova di grande capacità di collaborazione, senza barriere geografiche e senza limiti nella condivisione dei
d
Il controllo del contagio Oltre 13 mila gli studi scientifici negli ultimi tre mesi, ma la ricerca ha avuto un ruolo marginale
dati. Abbiamo imparato che la scienza del ventunesimo secolo ha svolto un ruolo marginale nel controllo dell’attuale pandemia. È innegabile che l’abbiamo contenuta con le norme del XIX secolo: lavaggio delle mani, confinamento sociale e quarantena. Su questo dovremmo riflettere.ora è il momento di tornare a prendersi cura dei miei malati di cancro, e dei malati di malattie cardiovascolari, neurologiche, degenerative e dell’invecchiamento. Tornando alla domanda di mia moglie... quando scriveranno la storia di questa epidemia, le storie saranno sempre le stesse vecchie storie e ci insegnano che la storia non insegna nulla.