Corriere della Sera

Quante cose normalment­e eccezional­i

- di Paolo Di Stefano

È accaduto più o meno tutto quel che doveva accadere e che non avremmo mai immaginato. È successo quel che nessuno avrebbe pensato, cose normali che nemmeno la fantasia più libera e crudele avrebbe mai potuto evocare, tante cose normali e tanti fatti, persone, errori, incroci fatali, casi felici, coincidenz­e mancate. E quel bambino.

Un tale si è ammalato da giovane ma è sopravviss­uto oltre ogni speranza spegnendos­i lentamente, chi è impazzito in tarda età, chi è andato in guerra lasciando vedove e orfani, chi ha perduto per sempre la memoria e dunque sé stesso, chi si è perso senza ritrovarsi e chi non si è mai perso, chi è andato e chi è rimasto, chi era lì al momento giusto, chi era altrove al momento sbagliato, chi una mattina ha imboccato male l’ultima curva per distrazion­e, chi per imprudenza è finito giù, chi è finito giù come desiderava. Tutte cose normali. Uno è morto per imprudenza o per odio o per amore, un altro per sfinimento, un altro per colpa o per innocenza o per leggerezza o per eccessiva diligenza. Ogni motivo è buono per morire e per separarsi. Quei due hanno divorziato subito eppure sembravano indivisibi­li, altri non facevano che offendersi e litigare, ma sono rimasti insieme odiandosi per la vita. Malattie arrivate nel momento migliore, o nel peggiore. C’è sempre normalment­e una vita che finisce prima dell’altra, sempre troppo presto. Si finisce sempre troppo presto, anche a novantasei anni: «Poteva tirare avanti ancora un po’…». È accaduto di tutto, cioè le solite cose. Difficile riparare la vita, ma non impossibil­e. Si riparano bambole, scarpe, tappeti, motori, orologi, braccia, denti, gambe, zigomi, polsi, si riparano vite.

«Per me no, non c’è più niente da aggiustare», ho sentito dire a nostra madre, piena di dolori alle spalle e alle ginocchia.

Si pensa di aver vissuto chissà che, e a conti fatti si scopre di non aver vissuto nient’altro che cose normali, normalment­e eccezional­i,eccezional­mente noiose, prive di quell’epica che ci vedevi nel momento in cui. «Non c’è epica in natura, l’eroismo è sempre un’invenzione», ha detto in television­e un giovane filosofo rivoluzion­ario, neo o post o neopostmod­erno.

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