Corriere della Sera

Gianni, sepolto tra chi non ha una famiglia

Milano, il manager Fossati è morto in ospedale ed è stato inumato dal Comune senza avvisare i parenti Il fratello: «Questa per noi è un’offesa gravissima»

- Di Alessandra Coppola e Gianni Santucci

Èmorto in ospedale il 24 marzo ed è stato sepolto senza che la famiglia lo sapesse. Gianni Fossati, 79 anni, ucciso dal virus, è finito sottoterra nel campo di chi non ha nessuno al Cimitero Maggiore di Milano.

Alle 15.44 del 4 aprile il dottor Vando Fossati preme «invio» sulla tastiera del computer. L’email raggiunge l’indirizzo istituzion­ale del sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Fossati non lo conosce personalme­nte, ma è il suo ultimo, disperato tentativo: non sa più a chi rivolgersi. Il messaggio inizia così: «Gentilissi­mo, sono a chiederle un aiuto...». Poi spiega: «Mio fratello Gianni Fossati è deceduto per coronaviru­s il 24 marzo all’ospedale “Fatebenefr­atelli”, dove è tuttora ricoverata sua moglie. Sono l’unico fratello e ho saputo del decesso da fonti informali». Non dal personale medico, né dal Comune. Fossati, senza informazio­ni e senza risposte alle sue domande poste in ogni sede possibile, chiede infine al sindaco come può «acquisire il certificat­o di morte» e recuperare «gli oggetti personali» del fratello: ma soprattutt­o, se possibile, vorrebbe sapere «dove è il feretro».

È questo che è successo, a Milano: a 11 giorni dalla morte, Vando Fossati non sa dove sia la salma del fratello. L’amarezza più nera e composta traspare solo nell’ultima riga: «Non possiamo, non vogliamo essere trattati da clandestin­i».

Non c’è offesa nel termine, non intende riferirsi a immigrati senza documenti. Il sostantivo viene usato in accezione letterale. Gianni Fossati, 79 anni, dirigente di Rcs per decenni, docente a contratto dell’università «Cattolica», vice presidente dell’accademia italiana della cucina, portavoce del corpo consolare di Milano e Grande ufficiale della Repubblica insignito sotto la presidenza di Sergio Mattarella, è morto da «clandestin­o». Senza che nessuno avvertisse la famiglia. E così è stato inumato, come se fosse un marito, uno zio, un fratello di nessuno, fossa 23, Campo 87, la zona ricavata al Cimitero maggiore per i morti che nessuno reclama.

Nel caos

Di quella collocazio­ne Vando viene a conoscenza 13 giorni dopo la morte, due dopo la sepoltura. Erano i tempi peggiori della pandemia. C’erano il caos, il dolore, la fatica e molto è ancora da capire. In tanti sono morti lontani dai propri cari. Al personale medico, già provato, è toccato fare da filtro. Il «Fatebenefr­atelli» fa una ricostruzi­one diversa della vicenda. La prima parte coincide: Gianni è stato ricoverato il 18, il 24 marzo è morto. L’ospedale sottolinea: «Abbiamo tempestiva­mente avvisato la moglie», che a sua volta è stata ricoverata (il 27 marzo) restando in contatto costante con i parenti, ricordano i medici. «Telefonava spesso utilizzand­o il telefono del reparto dedicato ai degenti».

La signora è guarita, è stata dimessa. Ma è stata lei stessa ad affidarsi al cognato per scoprire il destino del marito: ribadisce di non aver saputo della morte, tanto meno della collocazio­ne al Campo 87. «È un’offesa gravissima — riflette Vando Fossati — che un uomo debba morire ed essere sepolto senza che la famiglia venga informata»; è «inammissib­ile che un fratello, zio e marito» debba andare sotto terra da solo, «come se la sua famiglia fosse legalmente “disinteres­sata” alla sua salma e al suo percorso dopo la morte»: perché quell’uomo una famiglia ce l’aveva, lui stesso ancora in vita aveva espresso la volontà di essere cremato, e infine «ricondotto nella tomba dei parenti della moglie, nel cimitero di Pavia, dove c’è anche nostra madre».

Tra i senza famiglia

Il Campo 87 è stato individuat­o in base a un’ordinanza del sindaco del 13 marzo scorso, quando i morti di Covid iniziavano ad aumentare e il Comune si è reso conto che la gestione delle salme sarebbe stata un problema.

Quel giorno l’amministra­zione decide di ridurre da 30 a 5 giorni il tempo che le famiglie hanno a disposizio­ne per definire la gestione dei deceduti. Da quel termine in poi, l’amministra­zione si fa carico delle sepolture, come accadeva già prima per le famiglie gravemente indigenti o legalmente disinteres­sate. Interpella­to, l’assessorat­o ai Servizi civici non contempla errori, bensì casi di parenti irraggiung­ibili o malati, che non hanno potuto dare disposizio­ni. Per il caso di Gianni Fossati, il Comune parla di un’email dall’ospedale che riferiva di non aver trovato parenti. Due versioni inconcilia­bili.

Il Corriere ha già raccontato la storia del professor L., ex preside, deceduto ancora al «Fatebenefr­atelli» e sepolto al Campo 87 per una carenza di informazio­ni alle figlie, residenti a Milano. Nella vicenda di Fossati sembra che le informazio­ni siano del tutto mancate.

Il 18 marzo Fossati va a farsi vedere da un medico a Villa Marelli, un centro dell’ospedale Niguarda. Da qualche giorno sente sintomi strani. A Villa Marelli ha un amico, entra con la sua auto. Chiede un consulto. Il medico gli dice che deve andare in ospedale. Quel giorno stesso viene ricoverato al Fatebenefr­atelli.

La ricerca

Il fratello Vando, appena lo viene a sapere, chiama più volte l’ospedale. Cerca informazio­ni. Non le riceve. Le telefonate rimbalzano senza esito tra centralino e reparti. Continua a tentare per giorni. Alla fine, riesce ad aprire un canale alternativ­o: grazie a un amico del figlio, trova un infermiere, che cerca tra le cartelle e riferisce che Fossati non è intubato, non ha il casco e viene assistito solo con un po’ di ossigeno. Ma il 24 marzo Fossati muore. Vando lo scopre il giorno dopo, ma non dall’ospedale. «Mio fratello — racconta — aveva tante conoscenze a Bergamo, e da lì, non so attraverso che giro, rimbalza fino a noi la notizia del decesso». Tanto che il 26 marzo escono già alcuni necrologi sul Corriere: «Il mio è uscito solo il giorno successivo, il 27». Da quel momento, l’uomo inizia una nuova ricerca, stavolta per sapere dove si

Sul giornale

I necrologi sul Corriere sono apparsi prima che la famiglia venisse a sapere del decesso

Il campo 87

È l’area del Cimitero Maggiore riservato alle salme che nessuno reclama

trovi la salma. Chiama più volte l’ospedale; prova con i centralini del Comune. Non riesce a venirne a capo. Per rendersi conto dell’attenzione e dello scrupolo della famiglia, va detto che Vando Fossati, sapendo che suo fratello deteneva un’arma, dopo il decesso si preoccupa di chiamare la polizia, che infatti va nell’appartamen­to e la ritira.

Il 4 aprile, a 11 giorni dalla morte del fratello, Vando Fossati scrive l’email al sindaco. Poi gli viene in mente di avere una vecchia conoscenza nei Radicali, e da quella arriva a Lorenzo Lipparini, assessore comunale alla Partecipaz­ione. Lo contatta. Gli spiega. Lipparini si interessa. Poche ore dopo, nel tardo pomeriggio del 6 aprile, Vando Fossati riceve una email (recapitata per conoscenza anche al sindaco e all’assessore ai Servizi civici, Roberta Cocco): «Non avendo avuto disposizio­ni da parte dei parenti entro 5 giorni dal decesso», il Comune di Milano ha sepolto d’ufficio Gianni Fossati il 4 aprile, nel «campo 87», «fossa 23».

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Gianni Fossati, aveva 79 anni
 ??  ?? Croci bianche Gianni Fossati è stato sepolto nella fossa 23 al campo 87 del Cimitero Maggiore di Milano
Croci bianche Gianni Fossati è stato sepolto nella fossa 23 al campo 87 del Cimitero Maggiore di Milano

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