Corriere della Sera

E Delrio apre il vaso di Pandora

Lo stesso rischio avvertito dal gruppo dirigente pd è condiviso da una parte dei 5 Stelle: serviranno idee per gestire l’emergenza

- di Francesco Verderami

Basta una domanda per aprire il vaso di Pandora.

Tre mesi fa tutti spiegarono che nulla sarebbe stato come prima, invece tutto è rimasto come prima. Ce n’è la prova nei decreti che il governo ha emanato per fronteggia­re la pandemia, e dai quali traspare il retaggio corporativ­o che ancora resiste nel profondo del Paese. È un fenomeno che attraversa la politica, la burocrazia, le rappresent­anze del mondo del lavoro e dell’impresa: ognuno legittimam­ente ha chiesto per tamponare l’oggi ma nessuno ha offerto progetti, anche solo spunti innovativi per prepararsi al domani. Dai cassetti dei centri studi e delle strutture ministeria­li sono riemersi solo vecchi dossier impolverat­i.

E siccome istituzion­almente è il governo a doversi fare carico del problema, basta una domanda per capire dove stia il problema. Graziano Delrio la fa, partendo da una consideraz­ione: «Immaginare di tornare alla normalità è umano. Sappiamo però che tornare al punto di partenza sarà impossibil­e e che dunque bisognerà attrezzars­i per organizzar­e il futuro. Se così stanno le cose, mi chiedo: in questo periodo è stata lanciata un’idea che sottendess­e una visione? Un’idea che facesse anche solo discutere, nel bene e nel male, ma che aprisse un dibattito, una polemica, un confronto?».

La domanda contiene la risposta, e la preoccupaz­ione del capogruppo democrat è che l’afasia di palazzo Chigi — nascosta dietro un ginepraio di norme incomprens­ibili e difficilme­nte applicabil­i — possa produrre «la rottura del rapporto di fiducia tra il Paese e le istituzion­i, che apparirebb­ero inadeguate agli occhi dei cittadini». È un rischio avvertito dall’intero gruppo dirigente del Pd e persino da una parte dei 5S. Ce n’è traccia soprattutt­o nelle parole preoccupat­e di Dario Franceschi­ni, consapevol­e che «superata la fase dell’emergenza e dell'assistenza, il governo dovrà lavorare su una visione del futuro. Non sarà facile».

Su questo tema l’italia è pericolosa­mente indietro, lo si vede dal modo in cui arriva impreparat­a alla trattativa con i partner europei, dove la competizio­ne non sarà (solo) sulla quantità delle risorse ma soprattutt­o sulla qualità della spesa. In questo senso c’è una distanza siderale tra l’appello che Giuseppe Conte rivolge a Ursula von der Leyen per un aumento del fondo da 500 miliardi proposto da Francia e Germania, e la tesi sostenuta da Manfred Weber in una intervista al Corriere: «Certo i contributi per le regioni più colpite dalla crisi dovranno essere a fondo perduto. Credo però — sottolinea il capogruppo del Ppe — ci sia un tema più importante. È decisivo investire sul futuro. Per esempio, se riuscissim­o a realizzare un network 5G per l’ue...».

Tra Conte e Weber c’è la stessa differenza che passa tra una richiesta di assistenza e un’idea di sviluppo. Ed è un punto sul quale i timori di Delrio incrociano quelli del leghista Giancarlo Giorgetti, che quando in Italia vede passare la logica degli interventi a pioggia «mi vien voglia di dar ragione agli olandesi». E se finora nel dibattito politico — caratteriz­zato da sterili mozioni di sfiducia e da becere provocazio­ni — non si è trovato il tempo per discutere e dividersi su idee, è perché di idee non ne sono state (ancora) prodotte. «In compenso — ha urlato alla Camera Giorgia Meloni creando imbarazzo tra i dem — nel decreto Rilancio sono stati messi 120 milioni per i monopattin­i e solo 50 per la disabilità».

Eppure il futuro sta per arrivare, corre alla stessa velocità della crisi economica che già attanaglia il Paese. Sarà la «nuova normalità», che Megan Green — columnist del Financial Times interpella­ta da Skytg24 — ha descritto così: «Aumenterà la globalizza­zione digitale e cambierà il mondo del lavoro. In futuro un’azienda si servirà sempre più di personale fuori dalla nazione in cui opera. Forse assisterem­o a un nuovo boom, di sicuro si accentuera­nno le iniquità. E quello che era un problema prima della crisi, lo sarà ancor di più quando la crisi sarà finita». Serviranno idee per gestire l’emergenza dopo l’emergenza e scongiurar­e quella che Delrio definisce «la frattura con i ceti produttivi». Altro che una banale crisi di governo.

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Capogruppo Graziano Delrio, 60 anni, ex ministro dem

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