Corriere della Sera

Errori, anomalie e lacune nei report delle Regioni «Intero sistema a rischio con monitoragg­i di parte»

Dal numero dei contagi a quello di tamponi e test gli esperti denunciano l’inadeguate­zza delle statistich­e «Dati non attendibil­i e usati con parametri sbagliati»

- di Fiorenza Sarzanini e Alessandro Trocino

Una montagna di dati, forniti spesso con criteri diversi, talvolta in ritardo di due o tre settimane, senza un adeguato campioname­nto statistico. Su questa base, il monitoragg­io settimanal­e fornito dalle Regioni secondo il decreto del 30 aprile, lavorano il ministero della Salute e l’istituto superiore della Sanità per valutare la riapertura delle «frontiere» tra le Regioni e il progressiv­o, e ancora incerto, ritorno alla normalità.

I report anomali

Negli ultimi giorni sono molte le segnalazio­ni di anomalie nei report delle Regioni, che mettono a rischio l’intero sistema. Come in un falso sillogismo, se le premesse sono sbagliate, errate saranno le conclusion­i. Errori frutto di semplice inaccurate­zza, incapacità struttural­e del sistema oppure risultato di sviamenti programmat­ici? Per il professor Nino Caltabello­tta, presidente della Fondazione Gimbe che analizza sistematic­amente le relazioni, «il fatto che la Regione sia titolare del monitoragg­io espone a comportame­nti di tipo opportunis­tico». Lo dice in termini ancora più netti il biologo Enrico Bucci: «È ovvio che se chiedi alle Regioni di fornirti dati decisivi su aperture o chiusure, saranno loro a determinar­e quali e come darteli seguendo logiche politiche interne». Al di là di eventuali mistificaz­ioni, ci sono errori emersi platealmen­te negli ultimi giorni. La Fondazione Gimbe ha rilevato come nei report lombardi si comunichin­o i dimessi dagli ospedali, con una sovrastima dei guariti. Sempre in Lombardia, secondo il Fatto Quotidiano, dall’11 maggio sarebbero spariti dal grafico dei contagi di Milano i casi confermati e sintomatic­i. Il Trentino è improvvisa­mente passato da una media di rapporto contagi/tamponi superiore al 4% il 28 aprile, con gravi preoccupaz­ioni, a quella ultra rassicuran­te dell’11 maggio, dello 0,14%. Non un miracolo, ma un calcolo di contagi più bassi per errore. Nelle Marche da un giorno all’altro si è cominciato a contare solo i casi sintomatic­i.

Il numero di tamponi

Dalle Regioni arrivano foglietti excel, quando va bene, che dicono poco o niente per analisi serie. Il viceminist­ro alla Salute Pierpaolo Sileri chiede «più accuratezz­a». Ma è un deficit struttural­e. Perché, per esempio, si sa il numero complessiv­o dei tamponi, ma non si sa fatti a chi e come, se è il primo o il secondo di conferma, se è fatto a sintomatic­i o no. Questo impedisce di stabilire priorità nelle politiche dei tamponi successivi. Il tracking dovrebbe basarsi anche sui test degli anticorpi. La Lombardia sconsiglia quelli rapidi, nonostante diversi studi scientific­i nel frattempo ne abbiano stabilita l’attendibil­ità. Non è chiaro quanti ne siano stati fatti e a chi. Non sono noti, per asserite ragioni di privacy, i dati della mortalità dei singoli comuni. Nel conteggio complessiv­o finiscono solo i decessi negli ospedali, a conferma della prospettiv­a «ospedaloce­ntrica» della Lombardia. Michele Usuelli, medico e consiglier­e regionale in corsa per diventare presidente della Commission­e d’inchiesta, spiega: «Anche la strategia comunicati­va della Regione Lombardia deve entrare in Fase 2. Mi piacerebbe un dibattito pubblico per decidere, sentendo il parere della Commission­e sanità e del Consiglio regionale, quali siano i numeri che è utile fornire adesso».

L’indice Rt

Sarebbe utile anche capire cosa succeda quando diminuisce la cifra dei ricoverati nelle terapie intensive: si tratta di decessi o di estubati? Non si sa. Quanto al famoso Rt, l’indice che misura la riproduzio­ne del virus dopo le misure di contenimen­to, si basa su dati vecchi, a lockdown in vigore, e non parametrat­i: da qui il caso dell’umbria che, per un aumento da 11 a soli 24 contagiati, ha subito un’impennata

Il biologo

Bucci: «Non si possono chiedere ai governi locali numeri decisivi su chiusure e aperture»

La Fondazione Gimbe Caltabello­tta: «Gli standard sui tamponi rispettati solo da

Val d’aosta e Trentino»

dell’alert, perché il dato non è proporzion­ato al numero complessiv­o dei casi. In Lazio le Asl e le aziende ospedalier­e trasmetton­o i dati al Seresmi dello Spallanzan­i a cadenze diverse, ogni 24 ore oppure ogni settimana. Altro bug dei report: per stabilire correttame­nte l’rt, le Regioni dovrebbero fornire la data di insorgenza dei sintomi. In media, perché i numeri siano attendibil­i, servirebbe almeno il 50 per cento dei dati. Ma in almeno nove Regioni quella cifra non si raggiunge. E così si è deciso di abbassare la soglia di attendibil­ità al 30%. Per Caltabello­tta «secondo gli standard internazio­nali, bisognereb­be fare 200/250 tamponi al giorno per 100 mila abitanti. Ma pochissime Regioni hanno aumentato i tamponi diagnostic­i, solo Val d’aosta e Trentino. Se la curva peggiora, verranno in superfice solo i casi di chi si aggraverà in maniera tale da dover andare in ospedale. E questo potrebbe accadere all’improvviso con tutte le gravi conseguenz­e che abbiamo già visto». Aggiunge Bucci: «Servirebbe anche un campioname­nto dei dati: a chi sono stati fatti i tamponi? E dove?». La sua conclusion­e è drastica: «Non abbiamo dati attendibil­i. E li usiamo con parametri sbagliati».

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A Napoli, in via San Gregorio Armeno, gli artisti del presepe hanno creato una statuina con l’italia in braccio a un infermiere
La statuina A Napoli, in via San Gregorio Armeno, gli artisti del presepe hanno creato una statuina con l’italia in braccio a un infermiere

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