Corriere della Sera

«Prima il recovery fund E dopo penseremo al Fondo salva Stati»

Il sottosegre­tario Baretta: debito, nessun rischio Bce: possibili più acquisti di bond anticrisi

- Di Enrico Marro F. Mas.

Il governo ha già varato due manovre in deficit. La prima, il Cura Italia, per 20 miliardi di euro, la seconda, il decreto Rilancio, per 55 miliardi. Ma non basterà. Perciò è vitale l’aiuto che potrà venire dall’unione europea?

«Stiamo puntando molto sul contributo europeo per due motivi – risponde il sottosegre­tario all’economia, Pier Paolo Baretta (Pd) - uno squisitame­nte finanziari­o, perché abbiamo già aumentato il deficit per quest’anno dal 2,2% al 10,4% del Pil, un Pil che si annuncia in calo del 9%. Una crisi così, che ha colpito tutta Europa e non solo, richiede una strategia sovranazio­nale. L’altro motivo è che siamo convinti sia necessario far fare un salto di qualità all’europa».

Sarà, ma anche l’ultima proposta franco-tedesca di un fondo da 500 miliardi è

Al Tesoro Pier Paolo Baretta, 70 anni, sottosegre­tario all’economia, esponente del Pd

bocciata da Olanda, Austria, Danimarca e Svezia.

«C’è però un fatto importante: negli ultimi mesi le istituzion­i europee sono state molto più avanti del dibattito nei singoli Stati. Si è superato il Patto di stabilità ed è stato varato il programma Sure contro la disoccupaz­ione, che l’italia chiedeva da anni. È vero, c’è un dibattito tra gli Stati, ma qui la novità è che l’italia facendosi capofila di uno schieramen­to che ha unito Francia, Spagna e altri Paesi ha finito per muovere anche le posizioni della Germania. Che ora propone con la stessa Francia questo fondo da 500 miliardi. Insomma, il recovery fund proposto dall’italia ora è acquisito nel dibattito anche se noi diciamo che serve un intervento più robusto. Quanto all’opposizion­e dei Paesi piccoli, essi rischiano di restare isolati. La situazione è cambiata e anche la questione dei regimi fiscali privilegia­ti è sul tavolo».

Sta dicendo che se qualche paradiso fiscale tipo l’olanda usasse il potere di veto per bloccare il recovery fund potrebbe pentirsene?

«Credo che dopo il cambiament­o di posizione della Germania le diplomazie saranno in grado di convincere anche i Paesi più riottosi. Anche quelli che si reggono su regole fiscali molto favorevoli capiranno che conviene stare nel gioco europeo. Usare il veto in una situazione come questa sarebbe controprod­ucente».

In Italia la maggioranz­a è divisa su un altro importante strumento, il Mes, che potrebbe erogare 36 miliardi di prestiti all’italia per la sanità. Il Pd è favorevole i 5 Stelle no. Come se ne esce?

«Con una discussion­e che tenga conto di tutti gli strumenti che devono essere resi disponibil­i dall’ue. Anche io, che guardo con interesse al Mes, perché 36 miliardi a zero condizioni e a zero interessi per la sanità sarebbero importanti, non mi spingo oltre se prima non si porta a casa il recovery fund».

I 5 Stelle sembrano indisponib­ili al Mes anche se ci fosse il recovery fund.

«Sono preoccupat­i che una volta entrati nel meccanismo del Mes si resti imbrigliat­i in condizioni che comportino il rischio di ristruttur­azione del debito pubblico. Io credo che questo rischio non si corra e ci siano le condizioni per rendere esplicito questo punto».

Molti pensano che il punto non sia ottenere dall’ue risorse senza condizioni, ma riuscire a spenderle.

«La semplifica­zione burocratic­a è indilazion­abile. Faremo un decreto legge per questo. Credo che si debba fare tesoro del modello col quale è stato ricostruit­o il ponte Morandi a Genova. Se siamo tutti d’accordo che ha funzionato, generalizz­iamolo».

Le imprese intanto lamentano ritardi nei prestiti.

«Con gli emendament­i al decreto Liquidità aumentiamo da 25 a 30 mila euro i prestiti con garanzia pubblica al 100% e allunghiam­o da 6 a 10 anni la restituzio­ne».

d Ora vogliamo un decreto legge per la semplifica­zione della burocrazia

Dopo il cambiament­o di Berlino adesso si convincera­nno anche altri Paesi

La ripresa nell’eurozona dopo il lockdown? Avrà graficamen­te la forma di «U» e non di «V», cioè non sarà rapida ma lenta e prolungata nel tempo. Lo stima la Bce, nelle minute del verbale della riunione del 30 aprile. Un rimbalzo rapido «può certamente essere già escluso»; più probabile una ripresa «a U», ossia crescita solo per alcuni mesi e comunque che richiedere­bbe tempo per prendere forma, e sotto gli effetti dei settori colpiti in modo più pesante. «Se non ci sarà una ripresa rapida di fiducia dei consumator­i dopo la fine del contenimen­to, c’è il rischio che la domanda rimanga bassa», dicono i banchieri centrali. Inoltre, gli effetti sull’occupazion­e saranno più forti e durevoli e a sua volta ciò comporterà calo della domanda e rischio di prolungata recessione. Per questo la Bce è «pronta» a rafforzare ulteriorme­nte il suo arsenale anticrisi e, se necessario, ad aumentare il Pepp (gli acquisti di titoli di Stato e bond privati legati alla crisi post-covid) fin dal board di giugno. La presidente Christine Lagarde ha spiegato che la Bce prevede un calo del 512% del Pil in Eurozona quest’anno, e l’ampiezza delle stime riflette la «grande incertezza» circa gli effetti della pandemia. In ogni caso «le banche centrali da sole possono fare fino a un certo punto, e dunque devono giocare un ruolo centrale le politiche di bilancio», ha spiegato Philip Lane, membro del board e capo economista Bce, secondo il quale serve un «grande choc» fiscale nella Ue.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy