Corriere della Sera

I NO AMBIGUI ALL’EUROPA SONO DESTINATI A DIVENTARE SÌ

- di Massimo Franco

Parafrasan­do il titolo di un film, si potrebbe parlare di cinquanta sfumature di no. L’insistenza con la quale il premier Giuseppe Conte ripete di volere fare a meno del Meccanismo europeo di stabilità, quel Mes che dovrebbe darci circa 37 miliardi di euro per la sanità, è una sorta di mantra. Ma si tratta di un mantra circondato da subordinat­e e condizioni, recitato quotidiana­mente più per rassicurar­e il Movimento Cinque Stelle che per preparare il Paese a un «no» altamente improbabil­e.

Puntare sui 500 miliardi di euro a fondo perduto previsti dal Fondo per la ripresa lanciato da Germania e Francia continua a essere definito «un ottimo punto di partenza». Ma il presidente del Consiglio sa che è la metà, forse un terzo rispetto alle aspettativ­e iniziali dell’italia; e che alcuni Paesi nordeurope­i useranno il loro potere per cercare di ridurre ulteriorme­nte la cifra. Quando Conte racconta di avere chiesto alla presidente della Commission­e Ue, Ursula von der Leyen, di essere «ancora più ambiziosa», fotografa una frustrazio­ne italiana.

E lascia sullo sfondo la possibilit­à che il no al Mes diventi nelle prossime settimane un «ni»; e alla fine un «sì» del Parlamento per necessità, destinato a scontentar­e qualche settore grillino senza che questo provochi né una crisi di governo né un cambio di maggioranz­a. Le vicende delle ultime settimane dicono che l’estrema debolezza dell’esecutivo ha come contraltar­e e puntello paradossal­e quella dei suoi avversari: anche dentro i Cinque Stelle. L’impossibil­ità di aprire una crisi, perfino di cambiare un solo ministro, dice che in questa fase si cammina su un binario obbligato.

Se non è uno status quo, somiglia comunque a una tregua precaria, rafforzata dall’impotenza altrui. Riguarda in primo luogo un M5S diviso ormai in varie tribù, con quelle «governiste» comunque prevalenti; incapace di ritrovare una sintesi; ma d’accordo nel rinviare la resa dei conti a settembre: anche perché la pandemia ha fermato il suo crollo verticale, e dunque non può permetters­i strappi . L’idea del «direttorio» come surrogato della leadership è la fotografia di questa balcanizza­zione controllat­a del grillismo.

In questa finzione di unità diventa meno difficile anche archiviare il divieto dei due mandati, architrave del M5S pregoverna­tivo. L’appoggio alle ricandidat­ure delle sindache di Roma e Torino è il cavallo di Troia che permetterà alla maggior parte della nomenklatu­ra di ripresenta­rsi alle prossime elezioni. Esiste un’incognita, in questo schema: la capacità del governo di essere all’altezza della Fase 2. Non è scontata, anzi. E l’eccesso di sicurezza che a volte si indovina nel premier sottovalut­a il malessere di un’italia in bilico, secondo il segretario del Pd Nicola Zingaretti, tra disagio e caos. E in attesa impaziente degli aiuti promessi.

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