Corriere della Sera

M5S, addio scontrini. Cade l’ultimo tabù

Hong Kong, tafferugli in Parlamento Si chiude l’era delle rendiconta­zioni per i parlamenta­ri Parte dei compensi va versata a forfait, ma non è più obbligator­io indicare le spese sostenute

- Emanuele Buzzi

MILANO Scontrini, addio. I Cinque Stelle chiudono definitiva­mente un’epoca. Le rendiconta­zioni finiscono nel cassetto. Dopo un dibattito lungo quasi due anni, iniziato durante la campagna elettorale per le Politiche, cade l’ultimo tabù. Una decisione attesa, ma il passo finale ugualmente suona come un segnale. I parlamenta­ri del Movimento le avevano messe nel mirino già da qualche mese e avevano chiesto modifiche al regolament­o adducendo le scuse più svariate.

Giovedì con una email il capo politico reggente Vito Crimi ha dato il via libera a una nuova forma di regime per le restituzio­ni: un «forfettari­o» che prevede voci e oneri diversi, ma che permette di non rendiconta­re nulla. Il metodo attuale prevede un importo minimo mensile di duemila euro, più una quota di mille euro per gli eventi, trecento per le spese di Rousseau e la restituzio­ne di «tutto ciò che non è speso, oltre l’indennità e la diaria forfettari­a». Questa voce nel nuovo sistema non compare e la quota eventi viene inglobata in un forfettari­o onnicompre­nsivo. Unica differenza: spunta la voce per sostenere l’evento Italia 5 Stelle, 250 euro mensili da versare in un’unica soluzione annuale. Sono 3.300 euro al mese contro 3.550 ma senza scontrini, appunto.

I due metodi di rendiconta­zione sono paralleli e saranno deputati e senatori a scegliere se adottare il nuovo sistema o mantenere quello attuale. Quello che è certo è che la linea dura sui furbetti della restituzio­ni nel Movimento è destinata ad andare avanti. Entro il 6 giugno i ritardatar­i

Caos al parlamenti­no di Hong Kong: una riunione dell’house Committee ha avuto un avvio infuocato dopo che diversi deputati pan-democratic­i hanno circondato la presidenza, scandendo slogan contro la legge sulla sicurezza nazionale che Pechino sta varando per la ex colonia. I deputati si sono rifiutati di tornare alle loro postazioni, al punto che è intervenut­o il personale addetto alla sicurezza che ha provveduto a rimuovere alcuni di loro di peso, prima della sospension­e dei lavori per riportare la calma. Tra gli slogan scanditi dagli oppositori — hanno riferito i media locali — diversi incitament­i alla ribellione contro le misure che le autorità di Pechino stanno per varare. sono tenuti a versare i corrispett­ivi di fine 2019. Ed entro il 30 giugno dovranno saldare le quote fino ad aprile.

La data di metà anno segna in realtà uno spartiacqu­e: anche qui potrebbe cadere la tagliola delle espulsioni. La pattuglia dei ritardati a rischio ora è composta da una ventina di parlamenta­ri (su 298 totali), ma solo cinque hanno oltre sei mesi di mensilità arretrate da restituire. Un nuovo ultimatum nei fatti che ha già fatto storcere il naso nel gruppo. «Si ricordano di noi solo quando si tratta di guardare ciò che interessa a loro e non quando si tratta di ascoltare le proposte», dice un Cinque Stelle.

Intanto ieri sui social c’è stato un inedito scambio. Protagonis­ti

l’europarlam­entare M5S Ignazio Corrao e il leader della Lega, Matteo Salvini: Corrao ha espresso solidariet­à all’ex ministro per il caso delle chat dei magistrati, in cui si parla di attacchi all’ex ministro. Che ha poi risposto a Corrao: «Non posso che ringraziar­e per il pensiero».

L’ultimatum

Una ventina rischiano l’espulsione per i ritardi nei versamenti: devono saldare entro giugno

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Il parapiglia nel Parlamento di Hong Kong durante la discussion­e della legge sulla sicurezza (Afp)
In Aula Il parapiglia nel Parlamento di Hong Kong durante la discussion­e della legge sulla sicurezza (Afp)

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