Il tramonto della diversità
Manca solo il condono tombale. Per il resto, ci siamo quasi. La mail interna con la quale i vertici dei 5 Stelle annunciano ai deputati la fine del vigente sistema di rendicontazione rappresenta un altro piccolo segno di ritorno alla normalità. La vita va avanti, non proprio come prima, ma M5S riprende da dove aveva lasciato. Da una mutazione genetica ormai compiuta, che rende la sua presunta diversità un reperto risalente a un’epoca remota. C’era una volta la politica degli scontrini, diretta emanazione del grido «onestà, onestà» che risuonava nelle piazze di Beppe Grillo. Destava molte ironie, l’imposizione ai propri eletti di restituire al Movimento un importo fisso della diaria da parlamentare, maggiorato di quanto non speso nell’esercizio del mandato, voce quest’ultima che inevitabilmente diventava la più rilevante e veniva passata al vaglio da un Comitato rendicontazioni di ispirazione sovietica incaricato di verificare la natura di ogni cena, di ogni spesa. Era una misura che trasudava giustizialismo e populismo, ma rappresentava comunque un fiore all’occhiello per chi ci credeva. Peccato che seguendola alla lettera, sarebbe stato espulso l’intero Movimento, o quasi. Ora non ci sarà più questo problema. A partire da oggi infatti, M5S entra nell’era della semitrasparenza, che è un po’ come essere a favore dell’europa e contro l’europa. Gli onorevoli a 5 Stelle non dovranno più giustificare nulla. Se vogliono, potranno pagare un forfait annuale alla casa madre, più o meno come fanno i colleghi di altri partiti. Siccome l’ennesima ritirata da un principio fondativo di M5S non può essere riconosciuta dall’alto, ecco che la scelta ricade su di loro, sui peones, tramite il meccanismo dell’adesione volontaria. Gianroberto Casaleggio amava l’ultimo Gaber, quello di Io non mi sento italiano. I suoi eredi si stanno dimostrando invece molto italiani, e non nell’accezione migliore del termine.