Corriere della Sera

Edo, il giallo del suicidio: caso riaperto

Il commesso 31enne trovato morto a Milano un mese fa. Le sorelle: «Combatteva contro gli stereotipi»

- Barbara Gerosa

MILANO Un mese fa la sua morte. All’apparenza un suicidio. La porta del monolocale in via Angelo Mosso, una traversa di viale Monza, a Milano, chiusa dall’interno, tanto da costringer­e i soccorrito­ri a entrare dalla finestra. Il corpo senza vita inginocchi­ato su una sedia, intorno al collo una sciarpa leggera legata alla ringhiera del soppalco dove c’era il letto in cui dormiva.

Solo poche ore prima Edoardo, 31 anni, origini valtelline­si, aveva parlato al telefono con un amico. Gli aveva confidato i suoi problemi di cuore, ma nulla che lasciasse presagire l’intenzione di togliersi la vita, tanto da spingere i famigliari a battersi perché il caso non venisse archiviato. E ora è la stessa Procura di Milano ad aver modificato il fascicolo come «notizia di reato a carico di ignoti», se pur senza aver ancora formulato alcuna ipotesi. Sequestrat­i nella giornata di ieri il telefono cellulare e il computer del giovane, si attende ora che venga disposta l’autopsia.

La morte di Edoardo Miotti, commesso nell’atelier di via Bagutta dello stilista giapponese Miyake Issey, si tinge dunque di giallo. «Le modalità del ritrovamen­to, la posizione del cadavere quantomeno anomala, alcuni orari che sembrano non coincidere.

Tutto ci fa credere che la verità sia un’altra», dicono le sorelle Julia e Maddalena, decise a far luce su circostanz­e che definiscon­o oscure. Quello che inizialmen­te era stato iscritto dal pubblico ministero Silvia Bonardi come fatto non costituent­e reato si è trasformat­o in un caso da approfondi­re. Il legale della famiglia, Fabrizio Consoloni, ha chiesto la consulenza di un medico legale e di un criminolog­o: i risultati sono racchiusi nell’istanza di quindici pagine che ha spinto gli inquirenti a non trascurare alcun elemento. «Il segreto istruttori­o mi impedisce di aggiungere altro. Posso solo esprimere la soddisfazi­one perché finalmente si è deciso di andare oltre alle apparenze», spiega l’avvocato.

Dicono di più le sorelle, convocate in Questura nelle scorse ore per consegnare il pc e il cellulare di Edoardo. «Non crediamo si sia suicidato. Come avrebbe potuto, con una sciarpa leggera e un’altezza di pochi metri». La voce trema, ma le parole sono ferme. La loro vita è cambiata il 19 aprile quando un agente le ha chiamate per avvisarle della tragedia. La morte in piena emergenza Covid, il giovane da alcune settimane era a casa dal lavoro. Un commesso modello, lo descrive la casa di moda in una lettera ai famigliari. Amava il Giappone dove aveva vissuto per più di un anno. Cresciuto a Sondrio aveva perso il papà e la mamma da ragazzino, poi la decisione di trasferirs­i a Milano, la laurea in Scienze della comunicazi­one intercultu­rale giapponese all’università Bicocca, il lavoro nel quadrilate­ro della moda. «Preoccupat­a perché non rispondeva al telefono — racconta Julia — mi sono rivolta al suo ex fidanzato, che ha chiesto a un amico di andare a vedere». Ma la porta era chiusa, nessun rumore proveniva dall’interno, la macabra scoperta alle 19 di un’assolata domenica. «Ci eravamo sentiti un paio di giorni prima, era tranquillo, forse un po’ stanco per il lockdown — conclude Julia —. Sensibile, ma non fragile, aveva sofferto per la scomparsa dei nostri genitori, gli avevo suggerito di farsi aiutare da uno psicologo: alla fine aveva trovato la sua strada combattend­o anche contro molti stereotipi. Chiediamo solo la verità».

La scena

La posizione del corpo era anomala, il giovane aveva al collo una sciarpa leggera

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In famiglia Edoardo Miotti, 31 anni, lavorava come commesso nell’atelier di uno stilista giapponese, nella centrale via Bagutta, a Milano. Qui è con le sorelle

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