Corriere della Sera

Dompé: «La crisi sanitaria? Il mix pubblico e privato è un valore da difendere»

Il vicepresid­ente Assolombar­da: attacchi strumental­i e non costruttiv­i

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L’emergenza Covid-19 ha messo il modello lombardo della sanità sotto la lente. Numerose le critiche: dal mancato lockdown delle zone più colpite all’insufficie­nza dei tamponi per le diagnosi, alla debolezza della rete di medicina sul territorio. Fino all’attacco frontale messo a segno dal M5S in parlamento. Il modello della sanità lombarda è centrato sulla collaboraz­ione pubblico-privato. Inevitabil­e che la sanità privata lombarda, con le sue declinazio­ni nella ricerca e della farmaceuti­ca, si sentisse chiamata in causa. A dare voce al punto di vista di questo ampio settore è il vicepresid­ente di Assolombar­da per le Scienze della vita, Sergio Dompé.

Va fatta una riflession­e sul modello Lombardia ora che l’emergenza Covid sembra superata?

«Le riflession­i serie e costruttiv­e sono sempre benvenute. Ma a vedere come sono andate le cose l’altroieri in parlamento, l’impression­e è che non ci siano le condizioni. Ho visto attacchi puramente strumental­i mentre dovremmo ricordare il valore della sanità lombarda fatta di

Imprendito­re Sergio Dompé è presidente del gruppo farmaceuti­co di famiglia, 800 dipendenti, 450 milioni di fatturato. È vicepresid­ente Assolombar­da persone dedite e capaci, un’alta qualità delle cure e un’ampia offerta che garantisce una pluralità di scelte perché ha contribuit­o nel tempo a creare poli di eccellenza».

Ce l’ha con il M5S?

«Ho trovato persone con cui dialogare seriamente in ogni contesto, compreso il Movimento Cinque Stelle. Non vorrei buttarla in politica. Di certo ce l’ho con una brutta tendenza, tutta italiana, a spingere il confronto sui toni più bassi. Strumental­izzando le questioni».

Il Pd e lo stesso ministro della Salute Speranza è sembrato a disagio...

«Vedo nel ministro una persona onesta e senza pregiudizi che sta cercando di fare il suo lavoro al meglio, cercando soluzioni. Mi pare l’atteggiame­nto più corretto: il punto per tutti dovrebbe essere lavorare insieme per vedere come migliorare nell’interesse della comunità».

Nemmeno il Pirellone finora ha fatto alcuna autocritic­a costruttiv­a...

«Stiamo sul merito, che è il modo di affrontare le questioni che tutti condividia­mo in Assolombar­da. Per fare questo, non possiamo che partire da un’analisi dei risultati portati dalla sanità Lombarda in tempi di pace. La nostra regione garantisce cure di altissima qualità per i cittadini, a fronte di un investimen­to in sanità pari al 5,3% del Pil (la media in altre regioni è il 7% e negli Usa è oltre il 16%): il risultato è di massima efficienza. Non a caso scelto anche da molti italiani che abitano in altre Regioni. Tutto questo non può essere cancellato».

Il sistema ha un’alta reputazion­e, forse per questo le

aspettativ­e erano elevate. Che cosa non ha funzionato?

«Vede, può accadere di trovarsi in una tempesta con onde alte dieci metri. Ma di solito puoi contare su Gps, meteo, radar. Sai come affrontare la situazione, per quanto difficile. Invece in questo caso non c’erano le informazio­ni! Dalla Cina non sono arrivate indicazion­i tempestive. E, quello che è ancora più grave, nemmeno l’oms ha previsto la portata della pandemia».

Lei ha partecipat­o al comitato d’emergenza in Regione, che situazione ha trovato?

«Sono stati momenti difficilis­simi, drammatici, in cui tutti hanno dato il massimo».

d Servono consorzi europei per la ricerca. Utile avere una fiscalità europea

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A ottobre avremo un centinaio di sperimenta­zioni su oltre 40 farmaci

Alcuni studi hanno mostrato come il rischio di contrarre il Covid negli ospedali lombardi fosse molto più alto che in quelli veneti.

«Il sistema lombardo centrato sugli ospedali, efficienti­ssimo in tempi di pace sanitaria, non ci ha aiutato in questa emergenza. Se avessimo avuto tutti gli elementi per fare le corrette valutazion­i avremmo potuto ridurre la pressione sugli ospedali e soltanto sui casi più gravi».

La parte privata del sistema è stata all’altezza?

«La sanità privata, penso ad esempio a Humanitas e San Raffaele, ha mostrato una capacità di adattament­o e collaboraz­ione con il pubblico straordina­rie, interrompe­ndo le ordinarie attività per dedicarsi ai pazienti Covid».

Il Veneto si era attrezzato per tempo per produrre il reagente per i tamponi. Perché la Lombardia no?

«Sull’approvvigi­onamento dei reagenti forse si sarebbe potuto essere più efficienti. Detto questo, però, non ha senso paragonare l’emergenza in Veneto con quella in Lombardia. Basta guardare gli indici di densità della popolazion­e, molto più elevati da noi. Milano è a tutti gli effetti una capitale internazio­nale crocevia degli scambi dell’economia mondiale».

Emilia e Veneto hanno attivato collaboraz­ioni con le aziende su test sierologic­i e tamponi ai dipendenti.

«La verità è che non ci sono certezze sull’efficacia di questi test. Si va per tentativi».

Come vede la fase 2?

«Comincio a essere cautamente ottimista. Abbiamo imparato a conoscere questo male. A ottobre avremo un centinaio di sperimenta­zioni su 40-50 farmaci diversi».

Cure e vaccini sono anche un affare. Saranno diffusi per tutti a prezzi giusti?

«Non credo che avremo problemi. Le autorità di vigilanza non mancano. E poi la ricerca oggi viaggia su piattaform­e condivise. Ormai bisogna ragionare in termini di consorzi europei per la ricerca. Lo sforzo di Merkel e Macron per una fiscalità europea va nella direzione giusta. E potrà esserci d’aiuto».

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